Ha 562 mila follower su Instagram e 372 mila su Twitter, ma non è un influencer. Ha tenuto un blog con 17 milioni di interlocutori, ma non si definisce un blogger. Trattasi di Ai Weiwei: artista, designer, architetto, regista e attivista cinese. Forse uno dei personaggi più controversi della Cina contemporanea, è noto soprattutto per la sua posizione di dissidente nei confronti del governo comunista.
Per meglio comprendere l’importanza della sua figura non si può prescindere dal raccontare, seppur in breve, la sua incredibile storia.
Figlio di Ai Qing, poeta e pittore accusato di anticomunismo, l’artista cresce confinato in un campo di detenzione nel deserto del Gobi. Una volta tornato a Pechino si rende subito attivo nel panorama artistico cinese, per poi trasferirsi negli Stati Uniti: qui viene a contatto con un ambiente capitalista e consumista, così profondamente diverso dalla sua Cina. La libertà di pensiero e di espressione conosciuta nel periodo americano diventerà uno degli elementi chiave della sua produzione artistica, spesso usata come manifesto di denuncia sociale.
Al suo ritorno in patria, Ai realizza una serie di opere estremamente provocatorie, tra le quali spicca la performance Dropping a Han Dinasty Urn, che lo vede distruggere un’urna appartenente alla dinastia Han con oltre duemila anni di storia.

La popolarità dell’artista cresce in maniera esponenziale quando, nel 2006, apre un blog sulla piattaforma Sina Weibo: oltre a condividervi la sua visione artistica, Ai prende posizione criticando le politiche repressive del governo cinese.
Celebre fu la sua Citizen’s Investigation: quando nel 2008 la provincia del Sichuan fu devastata da un terremoto di magnitudo 8 che uccise 70 mila persone, la mancanza di trasparenza del governo circa la corruzione e l’inadeguatezza delle infrastrutture cinesi portò Ai a reclutare un team di volontari online per trovare i nomi di tutti gli studenti morti sotto le macerie. Questo atto segnò una frattura tra artista e governo: nel 2009, dopo la pubblicazione di un post contenente l’elenco di 5385 nomi di studenti che persero la vita nella catastrofe, il governo cinese ordinò la chiusura del suo blog.

A questo punto l’artista dissidente aveva raggiunto una tale fama da risultare una figura scomoda per le autorità cinesi. A seguito di un’aggressione fisica da parte della polizia cinese, Ai subì un’emorragia cerebrale, denunciata tramite il suo profilo Twitter e tramutata in opera con Brain Inflation. Le tensioni con il governo cinese culminarono nell’arresto dell’artista, avvenuto il 3 aprile del 2011 con il pretesto di evasione fiscale. Ai fu detenuto in una località ignota per 81 giorni, subendo torture da parte della polizia, sebbene non vennero mai trovate prove a suo carico.
L’arresto dell’artista divenne un vero e proprio caso mediatico internazionale. Le più importanti istituzioni culturali del mondo si schierarono dalla sua parte, mostrando il loro supporto in vari modi: furono organizzate proteste, conferenze e petizioni – come quella del l’International Council of Museums, che raccolse 90mila firme.
La campagna a sostegno dell’artista, denominata Free Ai Weiwei, riscosse un enorme successo, soprattutto online: decine di migliaia di persone mostrarono la loro vicinanza al dissidente, visto come simbolo della libertà di pensiero e di resistenza alla censura.
Divenuto anche movimento di street art, il grido Free Ai Weiwei arrivò fin sui muri di importanti istituzioni culturali che presero posizione per la scarcerazione dell’artista – come la Kunsthaus di Bregen e perfino la Tate Modern di Londra.

La comunità creatasi attorno alla figura dell’artista contava ormai decine di migliaia di sostenitori, tra artisti, professionisti e cittadini che vedevano in Ai Weiwei un esempio da seguire. Quando al momento della scarcerazione gli fu imposta una multa di 2.4 milioni di dollari, nacque una raccolta fondi online in cui 30 mila sostenitori provenienti da tutto il mondo raccolsero ben 1.37 milioni di dollari – il tutto in soli dieci giorni.
Quella che era inizialmente una voce fuori dal coro – che spiccava tra coloro i quali nono osavano opporsi al regime cinese – aveva dato inizio ad un vero e proprio movimento online, formato da persone provenienti da ogni parte del mondo. Lo stesso Ai Weiwei oggi ammette che senza Internet la sua produzione artistica sarebbe rimasta di nicchia, e la sua storia non avrebbe potuto ispirare migliaia e migliaia di persone.
Perché, riportando le sue parole, “Internet è incontrollabile. E se internet è incontrollabile, la libertà vincerà”.
Lucrezia Mozzanica