Una persona su dieci, in Italia e nel mondo, è celiaca. Nel 2017 i cittadini italiani con questa patologia erano 206.561, ma si stima che il 70% delle persone che ne sono affette non abbiano ancora ricevuto una diagnosi. Sono dati significativi che aiutano a comprendere perché spesso ci sia speculazione economica nell’ambito del senza glutine.
La celiachia, al giorno d’oggi, è una malattia abbastanza conosciuta. Tutti noi ormai abbiamo un amico o un parente che ne soffre (nel mio caso l’amica e la parente sono io!). È una condizione permanente che crea non pochi disagi ma che, fortunatamente, sta diventando meno limitante grazie all’aumento delle proposte di cibi e ristoranti senza glutine. Ciò non toglie che sia ancora complicato destreggiarsi in certe situazioni. Chi è celiaco lo sa bene: non si può improvvisare. Per esempio, se si vuole andare al ristorante bisogna sempre avvisare e prenotare: presentarsi e basta può rivelarsi un disastro annunciato che rischia di finire con un piatto di riso che sa di tristezza.
A ogni problema però, si sa, c’è una soluzione. L’AiC, l’Associazione Italiana Celiachia, ha creato un’applicazione utilissima con diverse funzioni. Ha una mappa con tutti i ristoranti, le pizzerie, i bar e simili che sono certificati: questo vuol dire che hanno le cucine a norma per preparare alimenti senza glutine evitando il pericolo della contaminazione (termine che segue come un’ombra ogni celiaco). Nell’elenco ci sono anche le farmacie e i rivenditori di prodotti senza glutine. Inoltre, ha un prontuario che contiene tutti gli alimenti possibili e immaginabili adatti alle persone che devono seguire questa dieta.
La suddetta applicazione per me è vitale, soprattutto quando d’estate vado in vacanza e non so come muovermi nel posto in cui sono, non conoscendo ristoranti e negozi adatti alle mie esigenze. A partire dall’estate 2019 è stata introdotta una “novità”: per poter utilizzare l’app bisogna essere soci dell’Associazione della propria regione. Una volta pagata la quota di iscrizione, viene rilasciato un codice che permette di sbloccare l’app e di poterla utilizzare normalmente.
In questo caso, a parer mio, la sanità ha fallito. Premetto che queste riflessioni sono strettamente personali e basate sulla mia sensibilità. Quando l’ho scoperto, mi sono subito attivata per iscrivermi. Non ci sono dei motivi particolari per cui non l’avevo fatto prima, semplicemente non ci avevo mai pensato. La quota di iscrizione può variare fra le diverse regioni: in Lombardia è di 40 euro l’anno. Ovviamente per poter utilizzare l’app l’iscrizione va rinnovata ogni 12 mesi. Per me non è un problema e sono contenta di sostenere un’Associazione che si preoccupa della qualità di vita delle persone celiache. Ma siamo sicuri che una mossa del genere sia eticamente corretta?
La salute è un diritto del cittadino che va tutelato. Nella mia vita 40 euro non fanno la differenza, ma in quella di altre persone sì. Questa tipologia di applicazioni dovrebbe essere accessibile a tutti. Rendere un prodotto a pagamento sapendo che una fascia di persone non può farne a meno è una tattica discutibile, anche se efficace, per raccogliere fondi.