“Da un’idea di Stefano Accorsi” a uno dei progetti più ambiziosi della serialità italiana, è nato 1994, ultimo atto della trilogia sulla Seconda Repubblica, distribuita da Sky Atlantic.
Tre stagioni, un titolo diverso per ogni anno. Con 1992 e 1993 ci ritroviamo rispettivamente catapultati nel pool di inquirenti di Mani Pulite con a capo Di Pietro, negli studi di Publitalia da dove “scenderà in campo” Berlusconi, in un Parlamento scosso dalla prima ondata di leghismo e in generale nella “Milano da bere”, tra scandali e tangenti che coinvolgono in modo trasversale il mondo imprenditoriale lombardo e i partiti tradizionali. All’interno di un puzzlecomplicato (ma interessantissimo), si muove – tra melodrammi e loschi rapporti di potere – un tassello di personaggi inventati, ma perfettamente rappresentativi della propria epoca.
Tra questi, in 1994 ritroviamo Leonardo Notte (Stefano Accorsi), genio del marketing pubblicitario (come il Don di Mad Men) e stratega senza scrupoli del Cavaliere (come Frank in House of Cards), Veronica Castello (Miriam Leone), ex showgirl dal passato controverso e neo-eletta deputata di Forza Italia e Pietro Bosco (Guido Caprino), il nuovo sottosegretario leghista, rozzo e violento poiché tradito dall’amore e dalla famiglia, ma con un forte senso di giustizia.
Abbandonando il racconto corale tipico delle precedenti stagioni (che finiva con il dare troppo spazio a personaggi mal tratteggiati), la serie si struttura ora per mezzo di episodi monografici: piccoli film – dagli stili talvolta molto diversi – che raccontano l’evoluzione di uno o due protagonisti, nell’arco di una settimana o di qualche mese di quel fatidico anno. Non è perciò necessario avere visto le stagioni (o puntate) precedenti, per potersi godere quella appena terminata.
Altra novità di 1994 è che accanto ai soliti character, si stagliano con forza i volti noti della storia politica italiana ed è in queste rappresentazioni che si raggiungono i picchi più alti di qualità. Un fresco Silvio Berlusconi interpretato da Paolo Pierobon, enigmatico e affabulatore da un lato, ma al contempo umanissimo e sincero (iconica la frase che rivolge a Notte: “Sa come si fa ad avere la coscienza pulita? Basta non usarla. Mai”), deve guidare un’esperienza di governo con un Bossi dal carattere anarcoide (Paolo Mazzarelli) e difendersi “dall’attacco” della magistratura di Antonio Di Pietro (Antonio Gerardi), che manifesta a sua volta velleità politiche.
La materia è spinosa, ma il tentativo (riuscito) è di non ingabbiare la classe politica in delle etichette macchiettistiche. Di contro, gli sceneggiatori donano ai personaggi storici la complessità che meritano, evitando di proferire facili giudizi di innocenza o colpevolezza, di onestà o malignità. Viene quindi lasciato allo spettatore il compito di decifrare il mistero che, tuttora, avvolge (e rende quindi affascinanti) questi controversi leader.
Il merito di 1994 è anche quello di portare alla luce – all’interno di un transizione percepita come il trionfo dell’anti-politica – alcune vicende meno conosciute e a lieto fine, come la battaglia bi-partisan contro la violenza sulle donne, avviata all’inizio della XII legislatura da alcune deputate di Forza Italia e del PDS. O di riuscire a incorporare nel discorso televisivo italiano (drogato di fiction generaliste) un linguaggio cinematografico più alto, come nel coraggioso quinto episodio, curato da Ludovica Rampoldi, Alessandro Fabbri e Stefano Sardo, tutto ambientato in Costa Smeralda e pieno di citazioni tratte da Viale del tramonto e Da qui all’eternità.
Sebbene non esente da imperfezioni (alcune evidenti: qualcuno potrebbe dire agli scrittori che Lerici non è in Versilia), 1994 è un ottimo political drama, forse il primo della serialità italiana a presentare un manipolo credibile di anti-eroi. L’ultimo episodio, ambientato nel 2011 e all’insegna della nostalgia, è potentissimo nel mostrare come ogni promessa rivoluzione – di qualunque colore politico – tenda a inverarsi nel suo rovesciamento, creando un vortice di conseguenze (come l’avvento delle fake news e l’uso strumentale del web) che caratterizzeranno gli anni a venire.