Durante ogni sessione scelgo una serie che diventi la scusa per prendere una pausa dai libri sottolineati che ingombrano la scrivania. Questa volta, un po’ da masochista, ne avevo scelta una horror. Beh, se mai supererò il trauma da visione, un giorno ve ne parlerò.
Non potendo trarre conforto dalla prima scelta, è venuto in mio soccorso Netflix con una nuova serie originale, irriverente già nel titolo e con quel tono di malizia che tanto piace. Sex Education arriva, in otto puntate, l’11 gennaio 2019 sulla piattaforma streaming. Il fatto che abbia guardato una puntata al giorno è stato più una forzatura di buona condotta da sessione che altro.
Sex Education è scanzonata, ben costruita e merita sicuramente una menzione come migliore inaugurazione della stagione seriale per il 2019. Non si tratta di una storia epocale – specialmente sul finale tornano alcuni cliché da teen drama che non guastano mai – ma guardarla con la consapevolezza che, nello stesso momento e sulla stessa piattaforma, tornavano “le vite scandalose dell’élite di Manhattan”, fa apprezzare il salto narrativo che le serie sugli adolescenti e per gli adolescenti hanno fatto negli ultimi anni.
La storia ruota intorno al sesso. Però il tutto è condito dal perfetto sarcasmo e gioco ironico che solo l’entroterra inglese può imprimere nelle storie. Otis –Asa Butterfield – è un timido e impacciato ragazzo che cerca di convivere con la carismatica madre – una camaleontica quanto divina Gillian Anderson, che ha un solo difetto: essere un’affermata terapista del sesso. La vita senza censure della madre sarebbe già abbastanza pesante da sola, se Otis non avesse un altro piccolo problema: la masturbazione. Il figlio di una terapista che aiuta gli altri a ritrovare il piacere, non sa cosa sia quel piacere.
Nonostante questo, però, Otis scopre di aver ereditato la speciale capacità di “psico-sesso-analizzare” gli altri, portandoli alla scoperta della propria identità attraverso le loro personali (e problematiche) esperienze sessuali. Fiutando la possibilità di un grande affare, Maeve, ragazza “facile” con il cuore e la mente da Virginia Woolf, spingerà il titubante ragazzo a mettere su una vera e propria clinica, offrendo consulenza a tutti i ragazzi della scuola che hanno un problema a…. su, avete capito!
Questo è il succo della storia, un racconto a più voci sull’identità sessuale in un mondo dove “tutti lo fanno, lo vogliono fare o lo hanno già fatto”. Sex Education ha il pregio di riuscire a raccontare con grande irriverenza il modo in cui il sesso è entrato nelle nostre vite, facendo luce su alcuni tabù, ma non riuscendo a renderci così emancipati, come spesso pensiamo. Otis e i suoi amici capiscono che sdoganando l’atto sessuale a volte si rischia di snaturarlo dalla sua valenza di esperienza di piacere. Ho riso nel guardare Sex Education e ho amato quanto colorate fossero le scene, quanto facile fosse trovare simpatici tutti i personaggi, pur immaginando i risvolti narrativi di cui sarebbero stati protagonisti. Così lancio una sfida: trovare chi davvero riesce ad emanciparsi e a dire: a me piace così, fatevene una ragione. Piccolo aiuto: ama Jon Hamm – come potrebbe essere altrimenti? – ma non potrà mai essere la sua donna ideale…
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