PERDERSI A PARIGI: NEI LUOGHI DI VAN GOGH E MONET

Una delle cose più affascinanti di Parigi e di tutta l’Île-de-France è senza dubbio l’arte: musei, librerie antiche, parchi mozzafiato. Ma una cosa non smette di incuriosirmi ed affascinarmi: ricercare gli artisti più celebri che hanno una volta abitato la Ville Lumière, lasciando un alone di magia nell’aria.

Ma allungando lo sguardo oltre la collina di Montmartre e le rive della Senna, esistono altre meraviglie, nascoste in piccoli villaggi e immerse nel verde dei boschi e nell’oro dei campi di grano.
La Voyageire Parisienne, un’associazione che organizza viaggi per studenti internazionali, mi ha offerto l’occasione di scoprire luoghi che hanno conservato la propria storia intatta nel tempo.
Un itinerario pieno di sorprese è quello che mi ha portato a scoprire la tomba di Vincent e Théo Van Gogh, e Giverny, la cittadina dove Monet ha dato vita ai suoi più celebri dipinti.

 

VINCENT VAN GOGH, TRA GENIO E FOLLIA

Ad Auvers-sur-Oise Vincent Van Gogh ha trascorso i suoi ultimi mesi di vita: l’Auberge Ravox – oggi Maison Auberge de Van Gogh – è divenuta celebre per aver ospitato il pittore durante il suo ultimo e intenso periodo artistico. Rimasta intatta dal giorno della sua morte, la stanza numero 5 conserva, nella sua semplicità, un’atmosfera appassionante e vissuta, custodendo tra le sue mura i bisbigli e i gemiti dell’artista.
Poco lontano, un’attrazione suggestiva è la Chiesa di Auvers, che ha ispirato alcuni degli ultimi quadri del pittore datati 1890 e sul cui campanile si affacciano le due tombe dei fratelli Vincent e Théo Van Gogh.

 

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A fare da sfondo alla tomba di Vincent il grande campo di grano che ha tanto affascinato il pittore e che è stato raffigurato nel celebre dipinto Le champ de blé aux corbeaux (1890), ora esposto al Van Gogh Museum ad Amsterdam.
Un angolo di terra a cui Van Gogh ha dato, nei suoi dipinti, un’anima poetica ardente e allo stesso tempo tenebrosa, con la forte marcatura cromatica, l’espressività, e l’energico, quasi nevrotico tratto disegnativo che lo contraddistinguono.

 

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CLAUDE MONET, UN PARADISO DI COLORI

Secondo l’autore Jacques-Sylvain Klein, la Normandia è “la culla dell’Impressionismo”: è proprio qui che Claude Monet ha dipinto, nel 1972, Impression, soleil levant, dando il nome alla celebre la corrente artistica.
Giverny non è nient’altro che un piccolo villaggio della Normandia, situato sulla rive droit della Senna, letteralmente fuori dal mondo e abitato da numerosi piccoli artigiani che lavorano immersi tra i colori della natura, ma sempre considerato un luogo di pellegrinaggio per gli appassionati d’arte.
Amena e silenziosa, Giverny ospita la casa del maestro dell’Impressionismo, custodita intatta: i mobili, le celebri stampe giapponesi, l’atelier, conservano tutta l’essenza dell’artista, rivelandoci a poco a poco chi fosse veramente il pittore delle ninfee.
Ad incorniciare la casa, il meraviglioso giardino che Claude Monet ha personalmente realizzato ed instancabilmente curato durante i suoi ultimi anni di vita: un vero paradiso terrestre pervaso migliaia di forme e di colori che il pittore considerava la sua divina ispirazione.
Studiati nei minimi dettagli e da molteplici angolazioni, i colori dei fiori scandiscono l’alternarsi delle stagioni, facendo da padroni nel giardino e animando la tavolozza di Monet con sfumature e tonalità incredibili.
Il Clos Normand ci guida poi tra peonie, azalee, arbusti, bambù, mentre il ponte giapponese incorona il Giardino d’acqua a cui si inchinano maestosi salici piangenti e da cui affiorano numerosissime ninfee, restituendo tutta la magia che Monet ha tradotto in pittura nelle sue opere più amate e ormai impresse nella memoria collettiva.

 

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Auvers-sur-Oise e Giverny: due località che hanno ispirato due dei più leggendari pittori conservandone anima e segreti come fedeli custodi.
L’emozione che si prova nel visitare questi luoghi è forte, e non facile da descrivere: nel ripercorrerli, quasi si comprende come i due pittori percepissero – e non vedessero semplicemente – ciò che li circondava per poi tradurli in quadri unici.
E poter ripercorrere i luoghi dove un tempo nascevano alcune delle loro opere sembra, per un momento, farli riapparire proprio accanto a noi.

Sara Serinelli