Siamo arrivati al quarto appuntamento con la rassegna Palco Off – storie di Sicilia: questo quarto spettacolo racconta la storia di Peppino Impastato, un eroe che scelse di ribellarsi alle ingiustizie e che pagò con la vita questa decisione. In scena al Teatro Libero di Milano fino al 25 febbraio.
Siamo a Cinisi, un piccolo paese in provincia di Palermo, alla fine degli anni ’70. In questo piccolo paese regna incontrastata la mafia, portatrice di soprusi, ingiustizie e omertà. La mafia costringe al silenzio ma non tutti vogliono stare zitti: un gruppo di ragazzi vuole parlare, vuole raccontare cosa accade realmente nel paese. Il primo di loro è Peppino Impastato, un ragazzo giovanissimo, nato però nella famiglia sbagliata: alcuni suoi parenti infatti sono affiliati ai clan mafiosi di Cinisi e di Palermo.
Peppino però decide di dissociarsi da quell’ambiente e per questo fonda Radio AUT, una radio che racconta “la Santa Sicilia”, quella terra in cui “tutto deve essere tirato fuori col cucchiaino”. Vuole cercare la verità e quindi decide di mandare in onda un giornale di controinformazione radiofonico: Onda Pazza a Mafiopoli. “Io cammino come voglio non provando mai vergogna”, era questa la filosofia di Peppino. “Solo una cosa non ci possono togliere: la voce”, diceva.
Ma la voce a Peppino la toglieranno e saranno proprio quelle persone da cui aveva deciso di scappare, con cui aveva rotto tutti i rapporti perché lui con la mafia non voleva averci a che fare. Il mandante del suo omicidio fu Gaetano Badalamenti, quel “Don Tano” che tutti ringraziavano; tutti tranne Peppino Impastato che “Grazie Don Tano!” non lo diceva perché “c’erano giovani che pensavano con la propria testa” e lui era uno di questi. Quel Gaetano Badalamenti a cui recentemente è stato imputato anche il furto della Natività di Caravaggio, asportata nel 1969 dall’Oratorio di San Lorenzo a Palermo.
In questo spettacolo si mette in scena la storia di un eroe poco ricordato nonostante il grande coraggio che lo ha contraddistinto, prima fondando radio AUT e poi candidandosi alle elezioni comunali di Cinisi, di cui non riuscì a vedere l’esito a causa della morte che qualcun altro gli procurò. La figura di Peppino, interpretata da Pierpaolo Saraceno, è una fedele ricostruzione della sua identità, senza il bisogno di romanzare o esagerare alcunché: un ritratto sincero di ciò che è stato. Inoltre si mette in scena la storia di un’eroina, Felicia Bartolotta, la madre di Peppino – interpretata da Mariapaola Tedesco – che per anni ha portato sulle spalle il peso di avere un eroe per figlio, barbaramente ucciso senza che lei potesse rivederne il corpo e che, dopo essersi costituita come parte civile, fece riaprire l’inchiesta per conoscere gli assassini di quel figlio che lei aveva sempre appoggiato, andando addirittura contro il volere di suo marito.
Uno spettacolo che conferisce il giusto peso e il giusto ricordo alla figura di Peppino Impastato, quel ragazzo nei cui occhi “si leggeva la voglia di cambiare, la voglia di giustizia che lo portò a lottare”, come recita la canzone I cento passi dei Modena City Ramblers. Uno spettacolo che permette di ricordarci sempre che “la mafia è una montagna di merda”.