THE HANDMAID’S TALE. La lotta femminile ai Golden Globe 2018

Dopo lo sconvolgente caso Weinstein, l’edizione 2018 dei Golden Globe ha dato voce alla riscossa femminile, premiando come miglior serie drammatica la storia di fantascienza distopica su un mondo non molto lontano in cui alle donne viene negato ogni diritto.

Tratta dall’omonimo romanzo distopico di Margaret Atwood del 1985, “The Handmaid’s Tale” (“Il racconto dell’ancella”) è una serie statunitense ideata da Bruce Miller ambientata in un’ipotetica teocrazia totalitaria che, dopo aver rovesciato il governo degli Stati Uniti, utilizza atroci mezzi politici per asservire ai propri scopi il corpo delle poche donne fertili rimaste. La vicenda, narrata dalla protagonista Difred, descrive la vita delle “ancelle” al servizio dei Comandanti di regime, le cui consorti non sono più in grado di procreare.

La serie TV, dopo il debutto negli USA su Hulu, è stata trasmessa in Italia da TIMVision nel settembre 2017, ed ha avuto il merito di far riscoprire un romanzo di grande forza, più volte attaccato e censurato dopo la sua pubblicazione. Dal 1985, infatti, il libro è finalmente entrato nella classifica americana dopo le ultime elezioni presidenziali: durante le marce anti Trump si leggeva tra i cartelli “Make Margaret Atwood Fiction Again”. La serie TV, prodotta da MGM Television, è stata candidata a 13 Emmy Awards 2017, dopo aver riscosso un enorme successo di pubblico e critica a livello globale.

Tra le 13 nomination ottenute, spiccano le candidature nelle categorie “Miglior serie drammatica” e “Migliore attrice protagonista in una serie drammatica” per Elisabeth Moss. La serie riprende il “ritratto” dell’umanità proposta dalla Atwood nel romanzo, un ritratto che – a dirla tutta – mostra cose che gli esseri umani hanno già fatto in passato: la netta divisione in classi sociali, il divieto di leggere per gli schiavi, l’assenza di libertà d’espressione nei regimi totalitari, le esecuzioni pubbliche che hanno luogo ancora oggi in molti Paesi… niente di nuovo, si direbbe.

Ciò che rende questa serie un “pugno nello stomaco” per lo spettatore, è la dura e mai celata connessione ai temi della sottomissione femminile e del totalitarismo legato alla teocrazia. Descrizioni minuziose e dalle tinte forti ci guidano in un abisso claustrofobico di discriminazioni, soprusi psicologici e feroci violenze fisiche. Lo scopo? Ottenere il controllo su una risorsa preziosa: il corpo fecondo della donna. Una serie a dir poco folgorante, terrorizzante, disturbante, emozionante: episodio dopo episodio si rivivono le angosce, lo sgomento, ma anche i momenti di rivalsa della protagonista, che da un momento all’altro si ritrova ad essere un’“ancella” (per non dire “schiava”) destinata alla “procreazione”, sottratta alla famiglia e persino privata del suo nome.

In uno spazio e tempo appena accennati, contenuti e azioni spezzano una narrazione quasi sussurrata, con una spietatezza e un’intensità tali da sembrare reali e da amplificare ciò che, in realtà, caratterizza la nostra quotidianità.

Sara Serinelli