La guerra in Ucraina e la crisi umanitaria che ne è derivata sono tra le principali tematiche trattate nei salotti televisivi, dalla stampa ma anche sui social media. Lo stesso presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha scelto di utilizzare i suoi profili Instagram e Twitter come due dei principali canali di comunicazione, non soltanto con i cittadini del mondo ma anche con gli altri capi di stato. Pensate che dall’inizio della guerra, il suo account Twitter ha conquistato oltre 5 milioni di follower!
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SERVANT OF THE PEOPLE: PARLIAMONE
La serie tv più chiacchierata nell’ultimo mese è sicuramente Sluha Narodu, tradotta come Servant of the people, ovvero la fiction che vede come protagonista l’attuale presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj.
Serviva una guerra quasi mondiale per diffondere e rendere nota una serie tv ucraina in Italia ed in tutto il resto del mondo. Il canale La7, infatti, è stata l’unica emittente italiana ad acquistarne i diritti d’autore e a trasmetterla sulla sua rete a partire dal 5 Aprile 2022, grazie alla collaborazione e al doppiaggio di Luca Bizzarri.
Continua a leggereSLACKTIVISM: SOSTEGNO VERO O INEFFICACIA?
Quando accadono fatti sconcertanti di un certo spessore a livello globale, ecco che la popolazione mondiale inizia a dimostrare il proprio sgomento e disprezzo, ma anche sostegno nei confronti del fatto. Questo genere di manifestazione può avvenire in vari modi, che vanno dal concreto al banale, tramite media o fisicamente.
Continua a leggereANONYMOUS: DOVE LA VERITÀ MANCA
In un mondo ormai governato dalla tecnologia e dall’informatica, si pensa spesso che questi strumenti manipolino le persone, fino a renderle burattini. Ma se, invece, fossero dei mezzi rivelatori delle ingiustizie politiche e sociali? Anonymous ne diventa l’esempio lampante, basta vedere la sua recente scelta di combattere conto la censura informativa, attuata dal governo russo, a discapito della sua popolazione civile.
Continua a leggereUCRAINA – RUSSIA SULLO SCHERMO: 3 TITOLI PER RIFLETTERE
Come affermava il regista statunitense Sydney Pollack, “tutti i film sono politici, che lo vogliano o no”.
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