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HERE (2024): IL RINGIOVANIMENTO DEGLI ATTORI GRAZIE ALL’AI

Il viaggio emotivo all’interno di uno spazio fisso che rivendica la propria esistenza. Il cinema di Zemeckis esplora l’animo umano attraverso l’ausilio dell’AI.

Come abbiamo già avuto modo di approfondire nell’articolo riservato all’analisi del film Beowulf, il regista americano Robert Zemeckis da sempre ha saputo giocare e sperimentare con il linguaggio audiovisivo, adattandolo a tecniche di ripresa avanzate o a complessi sistemi di post-produzione. 

Sempre nello stesso articolo si rifletteva su come il suo cinema ragioni sulle infinite possibilità offerte da una tecnologia in continua evoluzione, in grado di modificare la realtà ripresa, creando una nuova magia del cinema. Se il tema vi incuriosisce, vi invitiamo ad approfondirlo leggendo l’articolo BEOWULF (2007) – L’USO DELLA MOTION CAPTURE FOTOREALISTICA CON RISULTATI DISTURBANTI sul nostro blog.

Le tecniche utilizzate, però, non sono mai fini a se stesse ma cercano sempre di colmare una necessità espressiva da parte di Zemeckis, il cui cinema vive per raccontare attraverso le immagini l’essenza della vita e il suo farsi nel tempo

Proprio da questi due assunti di base nasce il suo ultimo film Here (2024). Un’opera notevolissima, tratta dall’omonima Graphic Novel del 2014, snobbata incredibilmente da pubblico e critica negli USA ma rivalutata completamente in Italia e in Europa.

Il punto di partenza del film è molto semplice: abbiamo uno spazio, un lembo di terra che rivendica la sua esistenza al mondo. Ci troviamo in un punto non precisato degli attuali Stati Uniti, ma la storia di questo lembo di terra parte dall’origine del mondo. Infatti, per tutto il film noi vediamo attraverso un’inquadratura statica – quindi sempre attraverso la stessa prospettiva – le diverse ere geologiche che si succedono, fino ad arrivare ai giorni nostri.

La narrazione non è lineare, il quadro davanti ai nostri occhi continua a mutare: tempo, persone, storie. Solo il luogo rimane sempre lo stesso. Nonostante questo, riusciamo, però, a identificare una storia prevalente, quella di una normale famiglia americana. Il luogo protagonista del racconto si trova, infatti, all’interno della casa di questa famiglia.

Con il passare dei minuti impariamo ad affezionarci, in particolare, alla coppia interpretata rispettivamente da due attori feticcio di Zemeckis: Robin Wright e Tom Hanks, protagonisti anche del cult Forrest Gump. La loro storia d’amore, tra sacrifici economici e intimità quotidiane, si consuma tra le pareti di casa, dall’adolescenza fino alla vecchiaia.

Ma gli attori sono sempre gli stessi e così Zemeckis ricorre alla tecnologia del momento: l’AI. Nello specifico, il regista statunitense utilizza per il suo film la tecnologia di Metaphysic, che è in grado di trasformare in tempo reale l’aspetto degli attori attraverso un sistema avanzato di trasformazione facciale, che addestra modelli di intelligenza artificiale su riprese precedenti dei due attori in questione.

Durante le riprese, Zemeckis aveva due monitor a cui fare riferimento: uno che mostrava il reale aspetto degli attori mentre l’altro aveva già applicate le trasformazioni create dall’intelligenza artificiale.

L’utilizzo di questa tecnologia si pone come concreta alternativa low-budget alle tecniche tradizionali di ringiovanimento del volto – vedi l’articolo THE IRISHMAN (2019): IL RINGIOVANIMENTO DIGITALE DEL VOLTO DEGLI ATTORI sul nostro blog – che richiedono un importante lavoro in post-produzione, con una spesa economica decisamente superiore.

Ovviamente, c’è da sottolineare come l’utilizzo dell’intelligenza artificiale al cinema negli ultimi anni sia un tema fondamentale e il suo utilizzo abbia suscitato numerosi dibattiti, soprattutto tra i sindacati di Hollywood. 

Giorgio Maria Amadori