Nel 2023 viviamo immersi nei social media tanto che, molto spesso, riuscire a stabilire un confine tra ciò che è reale e ciò che invece è virtuale risulta complicato. Per questa ragione i social stessi, più o meno consapevolmente, si ritrovano ad avere un ruolo nella comunicazione legata ai DCA.
Ma qual è la reale influenza dei social media nella comunicazione dei DCA? Possono essere sfruttati in maniera vantaggiosa?
I social sono un male a priori per i DCA?
La narrazione dei disturbi alimentari sulle piattaforme social può risultare molto superficiale. Nella maggior parte dei casi la malattia viene esposta tramite fotografie che mostrano un “prima” e un “dopo”, un pre e post guarigione (o presunta tale) fisica. Pertanto, quello che viene comunicato riguarda unicamente un corpo o un numero sulla bilancia, quando in realtà, dietro ad un disagio del genere, c’è veramente molto di più.
Ciò non sempre viene fatto con un fine negativo, anzi tutto il contrario: sotto le fotografie ci sono caption intelligenti (che purtroppo, data la velocità della nostra vita, spesso vengono ignorate) con un messaggio alla base volto al conforto e all’incoraggiamento. Le foto vengono scelte volutamente “provocatorie” proprio per il fine di attirare l’attenzione in mezzo al flusso di contenuti, molto spesso però si tratta solamente di incoscienza e mancanza di informazione da parte di chi crea il contenuto.
DCA e social: compagni di viaggio?
Allo stesso tempo, i social possono far sentire la persona che è affetta da un DCA più compresa e accolta all’interno di una community in cui si può rispecchiare. Risulta più facile riuscire ad aprirsi dietro ad uno schermo e con persone che hanno passato esperienze simili, ciò può essere un primo step verso la consapevolezza e quindi verso la successiva guarigione.
Per fare in modo che queste community abbiano un effetto positivo è tuttavia fondamentale che alla loro guida ci siano persone che abbiano vissuto certe difficoltà (in modo da poter davvero empatizzare e sfruttare al meglio la loro intelligenza emotiva),e che siano riuscite a risolvere i loro disturbi altrimenti Al contrario, il rischio è che di incappare in un circolo vizioso tra menti malate che si influenzano a vicenda
Una corretta educazione all’uso: il caso ANIMENTA
Dare una risposta univoca e netta ad un quesito così complesso come quello citato in descrizione non è possibile, essa sarà sempre «dipende», perché non è giusto additare a priori i social come fonte maligna, ma è altrettanto fondamentale fornire ai fruitori un’educazione, al fine di poter imparare come poterli sfruttare al meglio.
Ciò è per l’appunto uno degli obiettivi dell’associazione no profit Animenta, il cui scopo è proprio la sensibilizzazione verso i DCA. Al seguente link il profilo dell’associazione: https://www.instagram.com/animenta_dca/
Per fare questo essa parte dalle storie dei volontari che, grazie al loro grandissimo potere empatico, riescono a trasformarsi in una sorta di “specchio magico” generando in chi legge un riconoscimento e quindi, anche nei momenti più bui, una speranza. Successivamente, in modo concreto e attivo, agisce tramite attività nelle scuole, eventi dal vivo e proprio sui social, cercando di creare un ambiente “pulito” e sano in cui abitare serenamente.
In conclusione, non è giusto affermare che i social portino su di essi il peso di una colpa, ma che abbiano una responsabilità da assumersi, questo sì. Con tali consapevolezze, il focus primario dovrebbe essere trovare un bilanciamento tra business e tutela della salute mentale degli utenti.