Il complesso scenario mediale contemporaneo sembra farsi sempre più fluido: i confini tra categorie, professioni, touchpoint, i confini tra il reale e il digitale si assottigliano progressivamente, talvolta quasi fino a sparire, come nel caso del brand entertainement.
Nel campo dell’industria della promozione audiovisiva ci sono state delle evoluzioni viscerali, accelerate dal processo massivo di digitalizzazione e dalle dinamiche evolutive relative alla fruizione dei vari media da parte degli spettatori/utenti.
La dimensione digitale è diventata pervasiva. Sono stati ridefiniti i paradigmi del mondo dell’advertising, offrendo nuove opportunità e, al contempo, sottoponendo sfide importanti ad aziende e brand. Si tratta quasi di un paradosso: da una parte le piattaforme digitali permettono di raggiungere nuove fette di pubblico, in maniera anche più mirata e precisa, dall’altra proprio questa molteplicità di possibili punti di contatto ha portato ad una dispersione del target, che risulta sempre più frammentato tra le varie piattaforme e tra i vari canali.
In ogni caso, le ultime evoluzioni hanno portato ad un arricchimento delle possibili strategie pubblicitarie da perseguire in base ai singoli obiettivi. Si è passati dal tradizionalissimo spot da 30 secondi (ancora molto utilizzato), a formule nuove, originali, che però sembrano avere una comune tendenza: quella di rendere più debole il confine tra promozione e contenuto.
Se si guarda al mediascape contemporaneo e alla letteratura in campo di marketing e comunicazione non è difficile comprenderne il perché: oggi è fondamentale creare valore e condividerlo. Questo valore può rispondere a diversi bisogni che possono essere informativi, di intrattenimento, educativi, sociali etc.
Se per la Tv lineare lo spot da 30 secondi gioca un ruolo ancora fondamentale, l’importanza di questo stesso ruolo crolla vertiginosamente nell’ambito digital e in particolar modo nell’ambito dei social media, già saturo di contenuti di branded entertainement. Molti sono gli esempi che potrebbero illustrare come il branded entertainement possa declinarsi in modalità disparate, ma citiamo qui solo un caso specifico e particolarmente illuminante: quello di TikTok.
Da tempo ormai, su TikTok, proliferano contenuti a sfondo commerciale che hanno però delle loro specificità e che si posizionano lontano dalle classiche pubblicità televisive. La particolarità del branded entertainement veicolato su TikTok è che spesso ci si accorge che si tratta di una sponsorizzazione solo a metà, o addirittura in molti casi verso la fine, del video che si sta fruendo. Questo accade perché i prodotti/servizi/brand promossi si vanno a fondere completamente con il contenuto di intrattenimento del creator; sono le aziende che si adattano al suo stile, alle sue tematiche, al suo ToV per poi andarsi ad integrare in maniera più credibile ed efficace possibile all’interno del suo mondo.
Queste nuove modalità di comunicazione testimoniano lo sforzo che si sta facendo per trovare vie sempre nuove e performanti per raggiungere il pubblico di nostro interesse e di catturare la sua attenzione per poi, si spera, fidelizzarlo.
Si tratta però di una missione sempre più ardua in uno scenario come quello di oggi, dove probabilmente presto non basterà più nemmeno il branded entertainement, ormai ampiamente diffuso: che cosa ci si inventerà?
Eleonora Preziosi