L’ARTE DEL PODCAST

Oggi i podcast hanno assunto un ruolo centrale all’interno delle nostre giornate come strumento “comodo” per informarci ed intrattenerci, in quanto usufruibile in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo.

Su quale sia la sua origine e l’etimologia del nome non si hanno informazioni certe ma, secondo le teorie più accreditate, la storia del podcast e la nascita dell’iPod (2001) sono strettamente correlate e risalgono a quando alcuni sviluppatori di software hanno ideato un piano che avrebbe consentito di scaricare trasmissioni radio online da Internet direttamente sull’iPod.

Così nasce il podcasting: letteralmente, l’unione tra la parola (I)Pod – custodia, strumento che raccoglie i file – e Broadcasting, ovvero “trasmissione”. La sua natura intrinseca lo rende quindi molto simile a una canzone, una traccia audio inserita in un “album” più grande, che l’utente decide di ascoltare; i creatori, quindi, si impegnano per creare dei file quanto più possibile ben realizzati e curati sin nei minimi dettagli, con un certo copione che ben si differenzia dalle classiche dirette radiofoniche cui siamo stati abituati per anni.

Esistono infinite motivazioni per iniziare a creare un podcast, la più frequente e la mia preferita, è quella di decidere di mettersi in gioco e raccontare cose belle, cose brutte, cose divertenti; insomma, raccontare la vita, ma la vita vera, non quella dei film.

L’autore che più mi ha colpito è Diego Cajelli, un uomo, uno scrittore, un rider, un professore. Ho seguito il suo corso di Storytelling e Crossmedialità in Cattolica e, da subito, il suo modo così coinvolgente di spiegare il suo amato mondo della scrittura, mi ha ammaliata.

Il podcast, Rider della notte, racconta di un uomo triste e solitario che, durante la pandemia, si è trovato senza lavoro, senza affetti e con sulle spalle tutto il peso dei propri sbagli e porte sbattute in faccia; che si barcamena in un mestiere che si è bene o male inventato. Uno, insomma, che conosce il rumore che fanno i sogni infranti.

Non sarà stato l’unico al quale la pandemia ha portato via tante cose, ma di sicuro è uno con un bel fegato che non si lascia sopraffare dalle sconfitte, perché ci vuole parecchio coraggio a rimettersi in gioco e a raccontarsi con sincerità e trasparenza come ha fatto lui.

Come dice lui, il 2020 è stato per tutti come un incontro ravvicinato con Mike Tyson, un Mike Tyson al massimo della forma. Abbiamo provato a saltellare sul ring, cercando di evitare i colpi più duri, ma non sempre ci siamo riusciti. E Rider della notte è questo, un “destro” di Tyson che Diego Cajelli non è riuscito a schivare e che l’ha mandato al tappeto di faccia, di brutto.

Il podcast è divertente, commovente, spietato e poetico allo stesso tempo, ma soprattutto è sincero nel raccontarsi nelle difficoltà della vita che non lasciano scampo a nessuno. Invoglia l’ascoltatore a sapere come andrà a finire, se il rider consegnerà tutte le bottiglie, se troverà l’amore, se riuscirà a rialzarsi dopo l’ultimo cazzotto.

Rider della notte, insomma, è la risposta che l’autore ha trovato alle difficoltà che il 2020 in particolare gli ha messo davanti: comunicare, ammettere di avere un problema, e accettare il fatto che io rimango io anche nell’insuccesso. Che, se sai di avere fatto tutto il possibile, non è comunque obbligatorio ‘spaccare’, raggiungere tutti gli obiettivi che ti eri prefissato quando avevi vent’anni. Anche se ti impegni il successo non ti è dovuto per forza.

Lasciarsi andare a questo pensiero può essere rinfrancante; per capirlo ci vuole tempo e fatica, per raccontarselo ci vuole la dovuta lucidità, ma per raccontarlo agli altri – potenzialmente tutta Italia, pubblicandolo online, con la propria voce- con la schiettezza di Diego, ci vuole coraggio.

Marta Frosini