LA POST VERITà: ECCO COSA CI INSEGNA MCINTYRE

Che si tratti di inciuci della politica popolare tra le persone di un piccolo paesino, oppure dei meccanismi della vita politica americana sulle folle bombardate dall’informazione, le dinamiche all’interno della mente delle persone sono sempre le stesse.

Indipendentemente, quindi, da ciò che facciamo, dall’ambito in cui operiamo, dal tempo che passa o dal luogo in cui ci troviamo, la dinamica dei fatti, delle situazioni, dei ragionamenti resta sempre la medesima.

Il libro di Mclntyre, dal titolo “Post verità” introduce il lettore alla post verità attraverso la spiegazione dei meccanismi di manipolazione dell’informazione e della verità, che guidano le dinamiche all’interno della mente delle persone, analizzando l’utilizzo della propaganda da parte della politica americana per perseguire i propri fini.

La post verità viene definita dagli Oxford Dictionaries come «relativa o denotante circostanze in cui i fatti oggettivi sono meno influenti nel plasmare l’opinione pubblica rispetto agli appelli all’emozione e alla credenza personale».

Nel 2005, Stephen Colbert ha coniato il termine “veritanza” cioè «l’essere persuaso che qualcosa sia vero, anche se non è necessariamente sostenuto dei fatti». In altre parole, esso è legato alla capacità delle persone di modificare, aggiungere e/o sottrarre informazione al racconto di qualcosa per plasmare i fatti a favore della loro ideologia, in base a ciò che gli conviene o fa più comodo dire. Gli esseri umani, infatti, sovvertono la verità, in innumerevoli modi: ignoranza volontaria, ricorso all’uso di menzogne, autoinganno, illusione… Ma il criterio principale di tutte queste forme di post verità è: «ciò che porta acqua alle loro convinzioni preesistenti – come afferma lo stesso Mclntyre – non si tratta dell’abbandono dei fatti, ma di una corruzione del processo attraverso cui i fatti sono raccolti in modo credibile e utilizzati in modo affidabile».

Quindi, facendo appello all’espressione utilizzata dallo stesso autore, possiamo definire il fenomeno della Post-verità come una forma di «supremazia ideologica, per la quale chi la sostiene cerca di costringere qualcuno a credere in qualcosa, che esistano o meno buone prove per crederci».

Chi possiede più informazioni, a meno cose crede: il negazionismo scientifico, caratterizzato dal mancato assolutismo di una sola teoria scientifica, sostituita dal fenomeno della  “messa in discussione”, porta alla formazione di una quantità maggiore di informazioni che crea dubbio e confusione nel pubblico rendendolo, quindi, più facilmente manipolabile.

Ma noi umani non siamo così razionali come pensiamo di essere: l’inclinazione di ogni individuo a “pubblicizzare”, divulgare, propagandare idee che per comodità personale “spera” siano “vere”, “giuste” , secondo McIntyre, influenza la stessa capacità dell’individuo di «identificare ciò che spera/vuole sia vero con ciò che realmente lo è», in un meccanismo della mente che prende il nome di “ragionamento motivato”.

Come possiamo, allora, sapere quando siamo manipolati? Mclntyre riporta che «la prima tesi del post modernismo è: non esiste una verità oggettiva. Avere il potere ci permette di controllare ciò che è vero. […] Le fake news sono un tentativo di indurre la gente a reagire in qualche modo alla disinformazione, sia per fare soldi sia per ottenere potere. Ma in entrambi i casi le conseguenze possono essere disastrose». Dovremmo, quindi, essere diffidenti nei confronti di ciò che viene espresso da fonti non verificate e imparare a controllare nella maniera corretta le fonti da cui derivano le notizie che stiamo apprendendo.

Anita Carpinteri