Il turismo permette di ammirare, conservare e proteggere storie uniche. Uniche come quella di Federico García Lorca, poeta e drammaturgo del XX secolo, leader della Generación del 27, figura di spicco della Edad de Plata e fondatore della compagnia teatrale ambulante La Barraca.
“Federico”, come veniva chiamato affettuosamente da famigliari, amici, sostenitori letterari e colleghi, è il simbolo di una vicenda speciale, fatta di letteratura, teatro, genialità, ma anche di dolore e sofferenza. Lorca rappresenta il caposaldo indiscusso della letteratura spagnola di tutti i tempi, un mito senza precedenti, che appassiona, convince ed emoziona. Tuttavia, viene anche ricordato per la sua morte tragica e per essere stato vittima della guerra civile spagnola.
A livello turistico, la storia di Federico spinge ogni anno migliaia di turisti ad intraprendere la Ruta Federico García Lorca, un percorso che attraversa tre diverse località andaluse, partendo dalla casa natale di Fuente Vaqueros nei pressi di Granada, passando per la Huerta de San Vicente e arrivando fino a Víznar e al Barranco, la fossa in cui probabilmente venne fucilato da Falange.
La casa museo
La Huerta de San Vicente sorge nell’estremo sud-est di Granada, in un’area verde di 71.500m² denominata “Parco Federico García Lorca”. Si tratta della dimora in cui Lorca passava l’estate, soprattutto nel periodo compreso fra 1926 e 1936, scrivendo, rilassandosi insieme alla famiglia all’ombra del gelsomino e ospitando amici. Le opere composte nella Huerta, tra cui Romancero gitano (1928), Bodas de sangre (1932) e Yerma (1934), lasciano intravedere la crisi esistenziale e sentimentale che Federico stava attraversando.
Nell’estate del 1936, quando scoppiò la guerra civile, Lorca si trovava alla Huerta. Vi rimase fino al 9 agosto, quando si trasferì a casa dall’amico e poeta Luís Rosales Camacho per trovare un nascondiglio. Furono questi i luoghi in cui passò gli ultimi momenti della sua vita, prima di essere assassinato dai falangisti a Víznar il 18 agosto dello stesso anno. Federico venne ucciso perché per l’ideologia franchista aveva tre “grandi colpe”: essere repubblicano, essere omosessuale ed essere un genio senza confini.
La proprietà granadina si sviluppava su due piani e occupava circa 500m² di superficie. Presentava due edifici, quello principale di 187m² e uno leggermente più piccolo e di costruzione più recente, destinato inizialmente alla funzione di stalla per animali e attrezzi da campagna. Il piano terra ospitava un atrio di ingresso, la cucina, la sala da pranzo, la camera da letto di Francisco (uno dei fratelli di Federico) e la dispensa. Al primo piano, invece, si trovavano le camere da letto dei genitori Federico e Vicenta, del poeta, delle sue sorelle e delle domestiche.
La casa museo venne acquistata dal comune di Granada il 6 aprile 1985 per essere poi inaugurata per la prima volta dieci anni dopo, nel 1995, mantenendo intatti e nella disposizione originaria molti oggetti e arredi utilizzati dall’autore spagnolo, tra cui il grammofono, il pianoforte a mezza coda, le sedie a dondolo Thonet, la cornice stile art déco che contornava lo specchio del soggiorno e che compare in numerose foto ritraenti Federico seduto vicino alla madre, il letto, la scrivania e la locandina della Barraca. Anche la facciata principale della proprietà, solenne e maestosa, rimase inalterata nel corso degli anni; proprio come gli infissi di color verde.
I luoghi più incantevoli dell’abitazione erano sicuramente i balconi, i quali garantivano una visuale unica sul panorama imponente dell’Alhambra e della Sierra Nevada. Non a caso, infatti, in una lettera all’amico Jorge Zalamea, Federico descrisse la sua città con parole dolci e profonde: «Granada enfrente de mi balcón, tendida a los lejos con una hermosura jamás igualada».
Nel 2016, il governo spagnolo cercò di convincere la Fundación Federico García Lorca e la famiglia, a far partire le ricerche per riesumare la salma dello scrittore, ma senza esiti soddisfacenti: la fondazione rifiutò la generosa proposta dello Stato perché Federico era una delle tante vittime del Franchismo, non era più importante degli altri desaparecidos. Ecco svelato il motivo per il quale la lapide di Víznar recita «Lorca somos todos», sottolineando che tutte le vittime meriterebbero lo stesso grado di importanza e di rispetto.
La casa museo, insieme ai luoghi della Ruta, arricchisce l’anima e la cultura, lasciando nel cuore del visitatore l’essenza di un genio incommensurabile, la cui sensibilità rimarrà vivida in eterno grazie alle sue opere e grazie ai luoghi custoditi dal turismo.
Alla prossima casa museo!
Beatrice Casini