Quale giorno migliore del 1° aprile per parlare di comicità? Nell’ambito del ciclo di incontri sullo storytelling e l‘inclusività che si sta svolgendo in queste settimane, i CIMERs hanno avuto l’occasione di incontrare alcuni autori comici del programma Zelig, insieme con i comici Corinna Grandi (@corinnagrandi_artist) e Davide Calgaro (@davide_calgaro), per riflettere sul tema del rapporto tra la comicità e l’inclusività.
Gli autori sono figure di supporto alla scrittura dei testi comici: collaborano con i comici per rifinire i testi, aiutandoli a trovare il loro personaggio comico e a valorizzarlo al meglio. Autori e comici, quindi, devono lavorare insieme per rispondere alla sfida di rendere i loro pezzi inclusivi e devono collaborare a tale scopo.
Durante l’incontro ci si è dunque domandati se la comicità possa essere intesa come uno strumento di inclusione. Su questo, gli autori e i comici si sono mostrati d’accordo. Tuttavia, affinché la comicità sia inclusiva, devono sussistere due condizioni principali:
- La comicità deve toccare i potenti, non le vittime.
- Ci sono tempi e modi adatti per scherzare su temi delicati, e bisogna avere la capacità di distinguerli.
Secondo Corinna Grandi, comica di Zelig che scherza sull’essere donna e sul mito della maternità, la risata è un potentissimo strumento per affrontare ed elaborare anche i traumi più pesanti nelle vite di ciascuno.
Davide Calgaro, comico che scherza sulla sua giovane età e la sua vita in famiglia, sottolinea come, nella sua esperienza personale, la comicità sia stato un efficace mezzo per dare voce alle proprie idee e far sì che queste venissero ascoltate da chi, sciolto da una risata, si liberava dei pregiudizi ed era più disposto a capire.
Ci si è poi chiesti: “Come può un comico essere certo di non offendere nessuno?” La risposta è semplice: non può. Quello che fa ridere le persone non sono i messaggi confortanti, ma quelli spiazzanti – e ciò che spiazza una persona può offenderne un’altra. Inoltre, è impossibile prevedere le reazioni di ogni singolo componente del pubblico, perché dipendono anche da fattori che il comico non può controllare. Quello che si può fare è cercare di ridurre la possibilità di offendere, lavorando sulla forma di comunicazione: secondo gli autori, una comunicazione può essere definita efficace quando ottiene il suo effetto nel minor tempo possibile. È quindi compito del comico (e dell’autore) rendere il suo discorso semplice da recepire e interpretare.
L’incontro si è quindi concluso con un’importante affermazione: la chiave per una comicità più inclusiva è l’ascolto. Dove sono presenti l’ascolto e la volontà di comprendere l’altro, si possono trovare strade per avere un linguaggio nuovo e più inclusivo e raggiungere così il vero obiettivo: sfruttare nel modo più corretto le enormi potenzialità di una sonora e liberatoria risata.