RISING PHOENIX: LE PARALIMPIADI E L’INCLUSIVITÀ NELLO SPORT

Rising Phoenix è un documentario del 2020, disponibile su Netflix, che racconta la storia delle Paralimpiadi e la intreccia alle vicende personali di nove atleti paralimpici. Il titolo prende ispirazione dal soprannome assegnato a Beatrice Vio dal suo gruppo scout: come fenici, infatti, Beatrice e gli altri atleti hanno avuto la capacità di rinascere dalle proprie ceneri, superando le difficoltà e raggiungendo grandi obiettivi.

Le Paralimpiadi nacquero in seguito all’intuizione di Ludwig Guttman, un medico tedesco costretto a emigrare in Inghilterra perché ebreo. Guttman accettò di lavorare in un ospedale che ospitava e curava soldati mutilati durante la guerra. Il medico capì molto presto che lo sport aveva un ruolo fondamentale nella riabilitazione dei soldati, e iniziò a organizzare competizioni sportive tra i pazienti. Ben presto l’idea prese piede e nel 1960, a Roma si tennero le prime Paralimpiadi, competizione parallela a quella delle Olimpiadi. Nel documentario, poi, vengono raccontate le vicende attorno alle Paralimpiadi di Londra, Pechino e Rio de Janeiro, insieme con i relativi ostacoli e traguardi.

Parallelamente, nove atleti paralimpici (Beatrice Vio, Jonnie Peacock, Tatyana McFadden, Matt Stutzman, Jean-Baptiste Alaize, Ellie Cole, Ntando Mahlangu, Zhe Cui e Ryley Batt) raccontano le storie che si celano dietro alle proprie disabilità. Le motivazioni sono varie: malformazioni congenite, terribili incidenti dovuti alla guerra o gravi malattie. Jean-Baptiste Alaize, per esempio, è stato mutilato mentre cercava di fuggire dalla guerra civile in Burundi insieme con la madre, mentre Beatrice Vio ha subito l’amputazione degli arti superiori e inferiori a causa della meningite.

Il messaggio lanciato dal documentario è di grande ispirazione. Gli atleti paralimpici non sono da ammirare solo come faremmo con chiunque raggiunga traguardi importanti: a questo, infatti, si aggiunge il fatto che li abbiano raggiunti nonostante questi fossero considerati irrealizzabili dalla maggior parte delle persone. La tenacia e la forza di volontà di questi atleti li hanno portati a realizzare ciò che si credeva impossibile. Gli atleti ringraziano inoltre spesso genitori, amici o allenatori: queste persone hanno creduto in loro, sono state al loro fianco e hanno dato loro opportunità che diversamente avrebbero potuto non avere.

Allo stesso tempo, le Paralimpiadi hanno un ruolo comunicativo di importanza fondamentale: mostrare alle persone come sia possibile organizzare competizioni sportive tra persone con disabilità significa metterli di fronte all’evidenza che gli ostacoli che questa comporta non sono insormontabili, e aiutare a normalizzarla. Ancora oggi, in alcuni Paesi, i bambini che nascono con una disabilità vengono purtroppo tenuti nascosti; e, in generale, è ancora molto diffusa una certa diffidenza nei confronti dell’argomento. Il documentario insiste sulla necessità di una società che dia il giusto spazio a tutti e che smetta di concentrarsi sugli ostacoli e che invece, imparando dagli atleti, si focalizzi sulle opportunità e sui traguardi.

Chiara Ricci