AMAZON: COSA SI CELA DIETRO L’ULTIMO SPOT, FINTO PROMOTORE DI INCLUSIONE SOCIALE ED ECONOMICA

È recentissima la notizia di una nuova sanzione al re dell’e-commerce, Amazon, per abuso di posizione dominante nell’intermediazione sul marketplace. L’azienda tenta di riparare al danno con degli spot che portano chi lo guarda dietro le quinte, mostrando i dipendenti che raccontano la loro personale esperienza in Amazon. Ma lo storytelling dietro questi spot è un po’ artefatto.

Sono ormai risapute le condizioni lavorative a cui sono costretti i dipendenti di Amazon: controllati, con consegne da portare a termine anche di domenica, cronometrati in bagno, senza pause per accumulare più punti per diventare “blu budge”, ossia ottenere il contratto a tempo indeterminato. Ecco perché l’ultimo spot, trasmesso in tv in heavy rotation non è per niente credibile e sfocia nel ridicolo.

Lo spot ci presenta Mohamed che racconta della sua esperienza in Amazon e della sua famiglia, in particolare della sorellina diversamente abile. Mohamed ci spiega come debba essere riconoscente ad Amazon per avergli concesso un lavoro (quasi come fosse un favore) che gli permetta di aiutare la sua famiglia e di sostenerla nelle spese necessarie per sua sorella. In questo modo Amazon si presenta come paladina dell’inclusione sociale e del sostegno economico ai propri dipendenti: un meraviglioso sistema di welfare, in sostanza. Ma sappiamo come in realtà così non è.

Si è passati, quindi, dagli spot agli spot negli spot: non si pubblicizza più un servizio o un prodotto, ma il proprio modello di lavoro perfetto (detto ironicamente), tentando di convincere il pubblico che sia giusto.

Analizziamo nel dettaglio gli elementi preoccupanti, per non dire vergognosi, dello spot.

  • Mohamed: Amazon usa un ragazzo straniero per vendersi agli occhi del pubblico come azienda impegnata nel promuovere l’inclusività e non discriminatoria.
  • «Continuare sempre a lottare»: non è casuale l’utilizzo di questa frase, che dimostra che il lavoro c’è per chi non molla; leggendo tra le righe il suo significato letterale è: il lavoro c’è per chi è subordinato ad una posizione inferiore, vulnerabile, che lo rende ricattabile e maltrattabile, imponendogli condizioni di lavoro disumane.
  • La sorella diversamente abile: l’elemento, forse, più vergognoso. Amazon sfrutta il pietismo di un’immagine che non c’entra nulla con lo spot per mostrarsi come un’azienda che fa “beneficenza” aiutando chi ha bisogno, quando in realtà sta pagando chi lavora onestamente.
  • Il balletto di Mohamed: si trasforma una persona in un fenomeno da circo, per dimostrare che l’azienda offre molte pause e momenti di svago. Cosa che, purtroppo, non è vera.

Tutto questo è estremamente preoccupante e pericoloso perché utilizzato senza alcuna remora o pudore anche a livello di comunicazione commerciale.

Nel tentativo di riparare ad un grosso danno all’immagine, Amazon se ne autoinfligge un altro senza rendersene conto, spingendo ad una comunicazione massiva che coinvolge anche la televisione. Un grosso scivolone per l’azienda che non solo dovrà affrontare una grossa accusa ma anche il malcontento suscitato nei consumatori, indignati per questo spot “truffa”.

Stefania Pezzuto