Quale migliore occasione del compleanno di Alexa (avvenuto il 6 novembre) per parlare della sua sempre maggiore rilevanza nel mondo tech?
Alexa, che ha recentemente compiuto 3 anni in Italia (ben 7 negli Stati Uniti), è l’assistente vocale elaborato da Amazon, e l’esempio per eccellenza di intelligenza artificiale conversazionale. Si tratta di un campo delle scienze informatiche che utilizza algoritmi di machine learning (un sistema di apprendimento automatico che impara e permette di creare previsioni a partire dai dati ricevuti) per risolvere problemi cognitivi solitamente associati all’intelligenza umana. Senza questi algoritmi, Amazon.com non avrebbe mai potuto raggiungere risultati tanto eccezionali in termini di crescita, esperienza, selezione dei clienti e qualità, nonché rapidità, della logistica.
Rohit Prasad, vicepresidente e scienziato responsabile di Amazon Alexa Machine Learning, spiega che “Alexa è progettata in modo da compiere l’azione migliore per conto dell’utente, sulla base della sua interpretazione dell’obiettivo di quella azione”. Non si limita quindi a fornire, come un motore di ricerca, un elenco di link in cui cercare una risposta soddisfacente, ma agisce proprio per conto dell’utente nella soluzione del suo “problema”, dopo eventuali domande di chiarificazione sullo stesso.
Ma come funziona l’AI targata Amazon?
Il “comando di attivazione” (detto wake word) segnala ad Alexa di iniziare l’ascolto di quanto detto dall’utente; dopodiché la tecnologia di riconoscimento vocale (ASR, automatic speech recognition) converte le parole in testo, che vengono poi tradotte in un’interpretazione strutturata dell’intenzione dell’utente.
Tale traduzione è possibile grazie ad un’altra tecnologia, detta NLU (natural language understanding), che serve a codificare il linguaggio naturale umano, appunto, in un’interpretazione comprensibile al sistema. Su quest’ultima esso si baserà per rispondere alla richiesta, utilizzando una delle 30.000 skills di cui è dotato.
Bisogna sapere però che Alexa non ci ascolta “sempre”: viene infatti chiaramente spiegato, nel libretto di istruzioni del dispositivo con cui si andrà ad utilizzare Alexa, come attivare o disattivare l’ascolto audiovisivo dello stesso, in modo da poter essere sicuri sulla tutela della propria privacy e permetterci di scegliere cosa vogliamo che il sistema recepisca e cosa no.
Ritornando alle AI, Alexa, come le sue concorrenti, ci lascia a bocca aperta con la sua capacità di diventare più intelligente quanto più la utilizzi e quante più cose impara da te, attraverso una serie di tecniche di apprendimento, più o meno supervisionate dalla figura di un esperto umano.
Ciò che però distingue l’approccio di Amazon dai suoi competitor è la sua rapida sperimentazione, fondata sull’importanza della velocità di validazione o confutazione delle loro ipotesi. E questo viene effettuato proprio attraverso Alexa, che permette loro di validare nuovi algoritmi e nuove tecnologie su larga scala.
Dunque, se da un lato l’intelligenza artificiale sta pervadendo ogni ambito della nostra vita, semplificandolo a dismisura, dall’altro può essere un’ottima occasione anche per le aziende, non solo per ottenere una grandissima quantità di dati sulle personalità e preferenze di consumo, che possono essere utilizzate per creare strategie sempre più mirate, ma anche e soprattutto come “apprendimento sul campo”, verso una continua, rapida e validata innovazione in campo tecnologico.
Prasad, difatti, si dichiara entusiasta riguardo al futuro dell’AI, illuminato da un potenziale di apprendimento attualmente inimmaginabile. Afferma infatti: “Il successo e l’adozione di Alexa sono estremamente soddisfacenti, ma finora abbiamo avuto solo un assaggio di quello che si può ottenere”.