‘Love, Death & Robots’, serie ideata da Tim Miller, si ripresenta su Netflix con il volume due: otto corti spiazzanti, otto diverse storie, accomunate da uno stile comune.
Tra i diversi autori di questa miniserie spiccano nomi come quello di David Fincher, presente anche nella prima stagione. A differenza di quest’ultima, tuttavia, troviamo meno episodi (la prima parte ne contava ben diciotto), ma organizzati con maggiore coerenza.
Le caratteristiche peculiari che possiamo riscontrare all’interno della narrazione riguardano innanzitutto la durata dei singoli episodi: parliamo, infatti, di cortometraggi di animazione che non superano i diciotto minuti. Per quanto riguarda gli argomenti trattati, fanno sempre riferimento alle tematiche dell’antologia, enunciate fin da subito all’interno del titolo (amore, morte e robot).
Lo stile grafico, seppur minimal, risulta dotato di un forte ed impressionante realismo, tanto è che i personaggi realizzati al computer appaiono come dotati di fattezze umane.
Ogni episodio, poi, presenta una storia a sé stante, personaggi e mondi diversi, in un misto di generi che vanno dall’horror, alla fantascienza, alla commedia, per arrivare fino al noir. Le ambientazioni in cui si trovano immersi i protagonisti, sono curate alla perfezione ed, anche nei pochi minuti di durata degli episodi, risulta evidente il grande lavoro scritturale alla base della rappresentazione.
Il tono utilizzato risulta marcatamente cupo, andando a raffigurare scenari di un futuro non troppo lontano, animato da sentimenti di malinconia e sentimentalismo, con uno sguardo che si imprime sul passato, mescolando azione e riflessione. Inoltre, le storie vengono spesse riprese da altri racconti, come accade, ad esempio, per l’episodio intitolato ‘Il gigante annegato’. Ultima puntata, diretta dallo stesso Tim Miller, tratta dall’omonimo racconto di James G. Ballard.
L’episodio più breve della serie, ‘Era la notte prima di Natale’, diretto da Elliot Dear, dura addirittura meno di sette minuti e si ispira ad un racconto breve dell’autore finlandese Joachim Heijndermans. Il tutto riesce comunque a stupire ed inquietare al tempo stesso.
Gli studi, con i relativi artisti, che hanno collaborato alla stesura di queste otto storie, sono molteplici e riflettono i propri stili all’interno delle rappresentazioni stesse. Tuttavia, è possibile ritenere l’intero pacchetto come un prodotto dotato di una forte organicità interna, un tratto che distingue ulteriormente questa seconda parte dalla prima.
La breve durata complessiva, le soluzioni originali e la perfezione grafica, fanno sì che questa miniserie possa essere consumata tutta in un’unica volta, nella speranza di una possibile futura terza stagione.