Durante la pandemia sono stati i primi contro cui puntare il dito, poi vittime incomprese, di nuovo untori e infine dimenticati. Tutti parlano di questa generazione, tutti la giudicano, alcuni la difendono, ma i giovani in questione che ne pensano invece? Privati di un pezzo di adolescenza, senza poter vedere amici, andare a scuola, fare sport e incontrarsi, cosa è rimasto loro? Ce lo racconta una web-serie.
GEN Z: The Dismissed Generation, è una web serie – documentario, uscita il 23 febbraio 2021 e prodotta dal regista Marcello Di Gregorio. Il format prevede una serie di interviste a cinque giovani milanesi, di età compresa tra i 18 e i 20 anni, racchiuse in brevi clip. La miniserie, disponibile su YouTube e Instagram, ha l’obiettivo di documentare la vita di questi giovani ragazzi durante la pandemia. Sono storie di crescita, resilienza e passioni.
Protagonista del primo episodio è Rick, artista di strada, che per sfidare l’apatia della vita inizia ad esibirsi live dal balcone di casa sua, “un’illusione di normalità” la chiama. Rick ha ammesso che la cosa che più lo turbava di quei primi mesi di lockdown era il contrasto spietato tra la natura che continuava normalmente il suo corso e una società paralizzata, bloccata, rinchiusa. Non trovare riscontro diretto di quel cambiamento epocale nella natura, attorno a sé, era per lui irreale e un po’ deludente. La sua arma vincente per sopravvivere è la musica, che non usa più solo come nascondiglio privato quando la vita diventa più dura del solito ma ne fa la sua ancora, che lo riesce a tenere saldo e fermo in un mondo che cambia di continuo, in maniera così imprevedibile.
Nella seconda clip viene presentato Tolomeo. Patito per la lettura, scrittore fin da piccolo, ama scattare foto in bianco e nero. La sua paura più grande? Dimenticare. “Non posso permettermi di scordare. Io sono ossessionato, morboso e patologico riguardo ai ricordi: è come se dimenticandomi anche un solo frammento perdessi un pezzo di me”. Per lui il lockdown è stato un momento magico, il suo primo pensiero è stato “cavolo, non posso uscire di casa…che figata! Posso passare il tempo e la notte, ventiquattro ore a leggere, scrivere e guardarmi film”. Racconta di come nonostante quei giorni fossero i più monotoni della sua vita, fu proprio in quei giorni che scoprì il potere immenso della scrittura che gli permetteva di esplorare mondi, viaggiare con la mente, comodamente dal divano di casa.
Gaja è invece una giovane attrice di teatro, amante della grafica e forte sostenitrice dei diritti della comunità LGBTQ+. Per lei il lockdown è stato molto movimentato, si è trovata di colpo da sola, senza amici né famiglia. “È stata una vera e propria botta, ho provato un gran senso di solitudine” dice con le lacrime agli occhi. Ammette poi che per lei, che vive a Milano, avere momenti di solitudine prolungati era pressoché impossibile perché è la città che per antonomasia non dorme mai, frenetica e travolgente. “Inizialmente non sapevo cosa fare: non sono una di quelle persone che durante la quarantena ha iniziato a leggere tantissimo o ha iniziato a scoprire come si suona la chitarra. Ero troppo spaventata inizialmente per fare cose. Poi però ho iniziato a vedere il lato positivo perché ho visto che cosa c’era in quella solitudine. Ho riscoperto delle emozioni che nella mia vita frenetica non tenevo in considerazione”. Gaja ha quindi iniziato ad usare positivamente questo senso di vuoto, per un suo progetto teatrale, via zoom. La giovane attrice si sente cambiata dopo la quarantena, dice di apprezzare molto di più la solitudine. “Mi son posta l’obiettivo di stare nella realtà con le sue contraddizioni e va bene così”.
Matilde ha 18 anni, frequenta l’ultimo anno del liceo artistico, studia ma fa anche volontariato “sto bene quando posso far del bene per gli altri”. Si dice segnata da questo lockdown perché privata di cose che reputava scontate. Racconta di un difficile ritorno a scuola: “Siamo vicini perché siamo effettivamente nella stessa stanza, però abbiamo del plexiglass su tre lati del banco, i rapporti che avevamo con i ragazzi delle altre classi ora non li possiamo più coltivare. Tutti gli intervalli sono solo con la mia classe e fa strano”. Rimane però fiduciosa e speranzosa riguardo al futuro: “Se penso al mio futuro universitario mi dico che non sarà il Covid a fermarmi! Non è il momento per rinunciare!”.
Giulia è la protagonista del quinto e ultimo episodio della web-serie. È una studentessa universitaria ma anche maestra di sci. All’inizio del lockdown si trovava in montagna e la cosa che più l’ha tenuta motivata è stata quella di non rendere vani tutti quei sacrifici che avevo fatto per conciliare le sue passioni. “Quando sei sommerso di cose da fare non pensi a quello che stai facendo nel momento, lo capisci dopo! Lo stop me l’ha fatto capire, mi ha fatto capire cosa voglio, cosa desidero”. Il suo consiglio ai giovani? “Non subire la vita, cercare di prendere momenti difficili come un punto per ripartire, un punto da cui ricominciare. Bisogna vederli come momenti di crescita. Bisogna rimanere sul pezzo. Bisogna affrontare quel che succede con forza e speranza.”
Proattività, tenacia e speranza sono i fili conduttori che legano questi racconti. Non sono supereroi, anzi questa situazione li ha resi ancora più consapevoli delle loro fragilità, ma la loro fame di vita, fortunatamente, è insaziabile.
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