‘Unbelievable’ è una miniserie prodotta da Susannah Grant e distribuita da Netflix. Tratta da una storia vera, racconta la vicenda di Marie, adolescente accusata di mentire sulla molestia sessuale subita.
In otto puntate si segue il difficile percorso della ragazzina, che racconta di aver subito una violenza sessuale da parte di uno sconosciuto introdottosi nella sua abitazione mentre lei stava dormendo. Inizialmente il detective a cui viene affidato il caso non crede alla sua storia, anzi, egli la spinge a confessare di aver inventato ogni cosa. Nel frattempo, altri episodi con le medesime dinamiche si verificano in luoghi non molto lontani dall’accaduto e vengono affidati a due detective donne di distretti di polizia differenti.
Le forti analogie tra i casi riscontrati spingono sempre di più le due donne a confrontarsi tra di loro per intessere le fila del caso. Grazie alla loro inedita collaborazione riusciranno a trovare il colpevole e ripristinare una giustizia anche per Marie, fatta passare per una bugiarda nel corso della narrazione con notevoli ripercussioni su ogni ambito della propria vita.
Questa storia accoglie tematiche estremamente delicate ed importanti, come lo stupro, l’insufficienza investigativa e l’abuso di potere, ma fu tralasciata per quasi dieci anni, fino a quando due giornalisti, T. Christian Miller e Ken Armstrong, non la riportarono all’attenzione pubblica, scrivendone un articolo (vincitore del Premio Pulitzer) che sarà d’ispirazione per la miniserie stessa.
L’autrice, partendo proprio da questo reportage, ha riportato sulla scena moltissimi dettagli reali che catturano l’attenzione dello spettatore per la loro autenticità e forza evocativa. Puntata dopo puntata si entra in contatto con le diverse vittime dello stupratore, poi condannato alla massima pena imputabile, con la metodologia di indagine e con la vita di Marie stessa che si svolge parallelamente alle ricerche.
Ciò che colpisce a fondo lo spettatore è poi seguire la storia di una vittima tramutata dalla polizia stessa in una carnefice. Sotto le pressioni degli agenti, Marie conferma di aver inventato l’abuso e da quel momento in poi dovrà affrontare una serie di difficoltà legate alla perdita del suo lavoro, degli amici che non riescono più a riporre fiducia in lei, al trasloco e all’essere citata in una causa per aver dichiarato il falso, oltre a dover sopportare da sola il peso del trauma. La sua forza, tuttavia, emerge chiaramente durante l’intera narrazione, tant’è che alla fine riuscirà anche a prendersi la propria rivincita.
In particolare, inoltre, viene fatto notare come ogni vittima reagisca al trauma in maniera diversa: chi cerca di dimenticare, chi analizza metodicamente gli elementi per provare a trovare una soluzione da sola, chi vorrebbe semplicemente ritornare alla propria vita. Le due figure delle detective si sommano a questo scenario femminile per andare a comporre una narrazione che pone al centro le donne, in ogni loro sfumatura.
Sono queste, infatti, a trovare il colpevole e sono le vittime stesse a recarsi in tribunale per testimoniare e far sentire la propria voce davanti all’uomo che inevitabilmente ha cambiato le loro vite per sempre.
Con questa serie si vogliono mettere in luce tutti quegli errori e quelle noncuranze che i casi di questo tipo ancora presentano, per fare in modo che la storia di Marie non debba ripetersi.
Elisa Bo