Se ci fosse ancora bisogno di conferme circa il fatto che il libro cartaceo non solo non è morto ma gode ancora di ottima salute, la vicenda di Wuhan. Diari da una città chiusa (Rizzoli 2020) è paradigmatica di quanto la pagina stampata possa sopperire alle limitazioni cui può incorrere la scrittura digitale.
Fang Fang (1955) è una scrittrice, poetessa e saggista cinese, famosa per i suoi romanzi che raccontano la Cina contemporanea senza risparmiare durissime critiche al regime di Pechino e alle storture sociali generate dal “capitalismo di stato”. A partire dal 25 gennaio 2020, giorno in cui è iniziato il lockdown a Wuhan, la metropoli di 11 milioni di abitanti in cui Fang Fang vive, e per sessanta giorni, fino al 24 marzo successivo, la scrittrice ha aperto un blog sulla piattaforma Weibo in cui non solo ha raccontato la vita quotidiana ai tempi del coronavirus – fatta di paura, di atti di solidarietà, di speranza – ma ha anche denunciato le reticenze e le bugie dei potenti di partito e dei funzionari che, almeno all’inizio della pandemia, hanno nascosto la verità ai cinesi e agli abitanti di Wuhan.
Per due mesi, ogni giorno a tarda sera fino a ottanta milioni di cinesi si sono collegati al blog della Fang per emozionarsi e indignarsi nel seguire le preoccupazioni o le piccole vittorie di un’esistenza quotidiana all’insegna della precarietà ma anche di un ritrovato senso di comunità.
E qui sono iniziati i problemi per la Fang: in più di un’occasione, al mattino la piattaforma aveva cancellato il post della sera prima, un pesante atto di censura volto a tutelare l’immagine del governo e a negare qualsiasi negligenza degli apparati; in alcuni blog di estrema sinistra iniziano a circolare calunnie nei confronti della Fang, colpevole di disfattismo e di non avere un atteggiamento positivo nei confronti dell’operato dello stato.
Il rischio che le riflessioni della scrittrice scompaiano per sempre dalla rete si fa concreto: ma ormai milioni di cinesi hanno copiato e conservato le sue parole e un traduttore americano, Michael Berry, colpito dai coraggiosi post della Fang, ha iniziato in modo forsennato a tradurne ogni notte, per tutta la durata del lockdown, i post.
Risultato: oggi tutto il mondo può leggere i sessanta capitoli, uno per ogni giorno, di Wuhan. Diari da una città chiusa e toccare con mano quanto anche la voce di un singolo possa diventare un’arma contro l’arroganza del potere.
Questo libro, questo oggetto che possiamo tenere in mano e pesarne le pagine e di cui si era finanche messo in dubbio il futuro, è a suo modo un controvirus, la sua pubblicazione lo sta facendo circolare in tutto il mondo a beneficio della verità, e non ci saranno haters o amministratori di piattaforme che ne possano decidere il destino o limitarne il numero di lettori.
Patrizia Celot