TWITTER E LE US ELECTIONS 2020

Alzi la mano chi non ha seguito con trepidazione, e anche con un pizzico di divertimento, i tweets delle ultime elezioni americane. Ma oltre ai messaggi istituzionali e ai divertenti meme, Twitter ha aperto la strada ad un cambiamento della comunicazione politica dei social media, abbandonando le vesti di garante della neutralità.

Fautrici e paladine del libero pensiero, della libertà di parola e di espressione, le piattaforme si dichiarano neutrali e imparziali. Costruiscono uno spazio aperto e pubblico nel quale qualsiasi pensiero che rimbalza nella testa di qualsiasi persona può essere “postato” e “twittato”. 

Ma cosa accade quando le opinioni espresse su Twitter non riguardano più ricette culinarie e critiche cinematografiche ma temi molto più seri e delicati come la politica e il dibattito su temi di pubblico interesse?

I social media, si sa, hanno ormai modificato il modo di comunicare e sono entrati anche nella sfera della politica diventando, in modo rivoluzionario, nuovi mezzi di propaganda.

In tanti, probabilmente, abbiamo seguito le ultime elezioni americane che hanno visto sfidarsi il Presidente in carica Trump e il democratico Biden non solo nei comizi o in TV, ma anche a colpi di tweet. Con il passare degli anni, infatti, Twitter è diventato il social media d’elezione per la comunicazione politica, adattandosi al meglio alle esigenze dei candidati e dell’elettorato. I punti di forza sono la brevità dei 280 caratteri utilizzabili, il forte eco e la grande visibilità che ogni tweet riesce ad ottenere nel momento in cui è ripostato su altri social media o citato dai mass media tradizionali. 

Per lungo tempo Twitter ha messo in atto la propria politica di garante democratico della libertà di espressione. L’atteggiamento della piattaforma, però, è cambiato proprio durante le elections americane 2020 quando ha iniziato a ritenersi responsabile dei contenuti pubblicati, abbandonando il tradizionale atteggiamento di neutralità e capendo l’importanza di dover dare un segnale nel momento in cui assume un ruolo così determinante nella formazione dell’opinione pubblica.

I primi interventi di banning da parte di Twitter sono cominciati con il dilagare della pandemia e i messaggi negazionisti di Trump. Secondo l’Oxford Internet Institute “chi gestisce quelle società ha visto che c’è stata una presa di coscienza civile contro la disinformazione e la violenza verbale, su Twitter in particolare la comunicazione era diventata tossica“. Così Twitter ha iniziato ad oscurare i tweets che contribuivano a diffondere fake news sul Covid-19.

Ma la “censura” di Twitter è andata avanti soprattutto durante l’election day americano del novembre 2020 e nei successivi giorni, con i primi spogli elettorali. Numerosi sono stati i tweets di Trump che denunciavano brogli elettorali, a suo dire, da parte dei democratici, tweets contenenti parole di odio e di incitamento alla violenza o, addirittura, tweets in cui Trump si autoproclamava vincitore delle elezioni ancora prima che lo spoglio si fosse concluso. Non è tardato l’intervento di Twitter che ha agito oscurando i tweets o prendendone le distanze attraverso un banner esplicativo che dichiarava l’inconsistenza, la mancanza di prove o la falsità delle notizie riportate dall’account ufficiale del Repubblicano.  

Nell’era del digital dilemma, del dilagare delle fake news, del ritorno prepotente di movimenti e tendenze violente e razziste, la presa di posizione su temi politici e sociali da parte delle piattaforme, nuovi moltiplicatori di notizie e mezzi di informazione, appare una scelta inevitabile. Questo dal momento in cui l’opinione pubblica si forma, e indirizza i propri interessi, anche e soprattutto attraverso i nuovi social.

Patrizia Celot