TRANCE: UN SOGNO DOVE CINEMA E PITTURA SI FONDONO

Un buon metodo per ricordare i propri sogni è appuntare i dettagli su un foglio appena svegli. E se al posto della penna ci fosse un pennello sareste disposti a usarlo direttamente sulle pareti della vostra stanza?

«Goya, il padre dell’arte moderna, il primo grande pittore della mente umana»sono queste le parole che utilizza il banditore della casa d’asta, in apertura del film, per presentare Le Streghe In Aria, un’opera d’arte del pittore spagnolo Francisco Goya, risalente al 1797. L’opera appartiene al ciclo delle pinturas negras, una serie di dipinti realizzati direttamente sulle pareti intonacate della casa del pittore, famosi per la loro natura allegorica e fortemente evocativa, dai toni macabri e cupi.

Le streghe in aria ci proietta negli incubi di Goya, in cui demoni famelici e streghe malvagie fanno da padroni. La volontà del pittore è esplicita: raccontare gli oscuri e terrificanti lati della psiche umana attraverso l’indagine della dimensione onirica. Non a caso il film inizia proprio con il furto del dipinto che, sparito in circostanze misteriose, vedrà i protagonisti impegnati in un’indagine poco convenzionale. Nessun detective, nessun omicidio e nessun colpevole da smascherare. Saranno la gang dei criminali capeggiata da Franck, alias Vincent Cassel, e la determinata Elizabeth, aka Rosario Dawson, a dover ricostruire il puzzle finale, raccogliendo le briciole lasciate lungo il sentiero che si svilupperà lungo gli strati più profondi della mente di Simon, alias James McAvoy.

La caratteristica più interessante di questo film è il tema dell’ipnosi, tema attorno al quale ruota l’intreccio della storia. Essa permette di creare due dimensioni, una reale in cui domina il burbero Franck, l’altra onirica all’interno della mente di Simon. Lo spettatore verrà rimbalzato da una dimensione all’altra in un climax crescente che vedrà sempre più dominare la dimensione onirica su quella reale, fino a quando non si riuscirà a distinguere in quale delle due ci si trova.

A trasportarci sarà la voce della Dawson, che ci condurrà nei meandri del subconscio di Simon, supportata da un’eccezionale colonna sonora di Rick Smith. Tratto distintivo di Trance, come ci suggerisce il nome, è il tema legato alla trance, quello stato indotto dall’ipnosi, in grado di collocare un soggetto in una condizione di profondo rilassamento. Il lavoro di isolamento della voce ad opera del fonico fa immedesimare lo spettatore nel paziente in trance, trasportandolo in zone confortevoli e rilassanti, rinunciando a quelle atmosfere ansiogene e sospensive tipiche di un mystery thriller. Il compositore realizza una soundtrack avvolgente, formata interamente da musica elettronica che ben si adatta alla linea onirico-ipnotica delle vicende. Basta poco per catapultare il pubblico in scenari poco familiari, grazie a una narrazione frammentaria in cui i ricordi sfocati di Simon si confonderanno con le sue fantasie e il suo presente.

Questo film non è facilmente collocabile all’interno di un unico genere. È infatti frutto di molteplici contaminazioni action, crime, mystery, heist, drama che danno alla luce un prodotto unico, in grado di tenerci attaccati allo schermo. Complice è sicuramente la mano del regista che, nel corso della sua carriera, non si è mai cristallizzato in un unico genere. Il sodalizio tra pittura e cinema è certamente uno degli aspetti più eleganti e riusciti della pellicola, in grado di portare sul grande schermo un pittore eccelso come Goya, che ha donato alla storia dell’arte mondiale capolavori di inestimabile valore. Infine, non possiamo dimenticare lo spazio onirico in cui ci muoviamo nel corso di tutto il film, esplorando minuziosamente le manie e le ossessioni dei personaggi. Un film da promuovere a pieni voti, un’esperienza di visione stimolante e allettante che ognuno di noi meriterebbe di fare.

Andrea De Padova