Nella primavera 2020, in pieno lockdown pandemico, le aziende e i brand devono riadattare il proprio marketing alla ricerca di nuove forme di comunicazione e di strategie pubblicitarie.
Da un lato, queste devono puntare a mantenere attivo e produttivo il settore pubblicitario (nonostante i limiti operativi di spostamenti imposti dalla quarantena) e, dall’altro, a raggiungere e colpire proprio il nuovo “nervo scoperto” degli italiani: la lontananza fisica dai propri affetti e la costrizione a chiudersi nelle proprie abitazioni. È così che si inaugurano le campagne pubblicitarie basate sul contributo diretto dei consumatori, che da semplici fruitori si trasformano in novelli registi/attori di mini-cortometraggi in cui il prodotto del brand diviene l’occasione per salutare i propri cari, inviare gli auguri ai nonni lontani, trascorrere una piacevole serata tra amici.
Le aziende, attraverso call to action che coinvolgono direttamente i clienti chiamati a inviare video e foto, utilizzano questi UGC (user generated content) per spot pubblicitari imperniati su idilliache scene quotidiane, profondi affetti familiari, forti legami relazionali: un immaginario scontato e usuale, certo, ma proprio per questo capace di commuovere, appassionare, ammaliare un pubblico che in piena quarantena è proprio di questo universo che ha bisogno.
E così, al suono di “Come together” dei Beatles Vodafone lancia la campagna “Insieme”, il cui claim sottolinea che “anche quando non possiamo stare vicini, possiamo essere insieme”; Bauli con #PasquaConITuoi utilizza sui social e negli spot televisivi i video condivisi su Instagram, mettendo a disposizione i propri “spazi” per chi, avendo i propri cari lontani, li può raggiungere con un video-messaggio; e persino Facebook con lo spot “Never Stop”, con cui celebra l’importanza di “ritrovarsi l’uno con l’altro” nonostante la distanza fisica imposta dall’emergenza pandemica, utilizza i contributi dei suoi utenti: questo short film è, infatti, interamente costruito grazie agli UGC in una cornice decisamente emozionale, tesa a toccare i punti deboli di chi sta soffrendo a non poter vivere in community.
Questa strategia di marketing esperienziale offre agli utenti l’illusione di essere loro a decidere cosa fare e come sponsorizzare il prodotto, facendoli sentire parte integrante del progetto dell’azienda. Ma i consumatori che diventano prosumers, gratificati e attivamente coinvolti, si legano sempre più al brand e a quanto lo stesso brand produce: ed è per questo che campagne di questo tipo sono uno strumento estremamente efficace di engagement e/o di fidelizzazione.
Patrizia Celot