Uno dei processi più famosi della storia statunitense diventa il protagonista del nuovo film distribuito quest’anno da Netflix: Il processo ai Chicago 7 di Aaron Sorkin. La narrazione è incentrata sull’azione giudiziaria avvenuta alla fine degli anni ’60 nei confronti di sette esponenti del movimento controculturale americano attivo in quegli anni.
L’idea venne a Steven Spielberg nel 2006 il quale coinvolse Sorkin come sceneggiatore (già conosciuto per The Social Network e Steve Jobs) ma la produzione ebbe un lentissimo sviluppo a causa di problemi legati al budget e il progetto finì per essere accantonato. Venne annunciato ufficialmente solo nel 2018 con Sorkin alla regia e con il coinvolgimento di un cast di altissimo livello.
Il 28 agosto del 1968, in occasione della Convention del Partito Democratico a Chicago, ci fu una manifestazione contro l’allora presidente Lyndon B. Johnson e in particolare contro la guerra del Vietnam. Diversi movimenti attivisti vi presero parte ma la protesta sfociò in scontri violenti con la polizia che portarono a degli arresti. Il film si concentra principalmente sul processo avvenuto qualche mese più tardi, nonostante il caso era stato in un primo momento rinviato a causa del ruolo che la polizia aveva avuto durante gli episodi violenti. Solo infatti in seguito all’insediamento alla Casa Bianca di Richard Nixon e ad una forte intenzione di voler contrastare l’opposizione rappresentata dai movimenti controculturali il processo venne avviato contro i sette imputati.
Originariamente erano otto i leader attivisti coinvolti e indicati come promotori della protesta ma Bobby Seale, a capo delle Pantere Nere, venne allontanato dall’aula e il suo caso venne preso in esame come individuale. Tra gli altri nomi spiccavano quelli di Abbie Hoffman e Tom Heyden, interpretati da Sacha Baron Cohen e Eddie Redmanyne, difesi dal loro avvocato William Kunstler il quale venne a sua volta accusato di oltraggio alla corte per alcune sue esclamazioni. L’avvocato della controparte invece è stato interpretato da Joseph Gordon-Levitt, un giovane dall’alta moralità e fiducia nella legge, a cui si aggiunge anche Michael Keaton nei panni dell’ex procuratore.
Il processo venne sin da subito considerato da molti come una farsa per via dell’atteggiamento mostrato dal giudice, il film non si risparmia dal mettere in scena alcune dinamiche volte a dimostrarlo. Il regista gioca molto anche sull’utilizzo di immagini di impatto, forti e che riescano a lasciare un ricordo visivo piuttosto che frasi memorabili al fine di far comprendere quanto certi temi siano ancora molto attuali. Niente, infatti, è veramente cambiato e tutto può essere visto in un’ottica contemporanea.
Chiara Monselice