I LOVE REVENGE SHOPPING

«Ho voglia di shopping compulsivo», «non vedo l’ora che riaprano i negozi» sono frasi che sono state pronunciate da ognuno di noi almeno una volta durante il lockdown. Anche per te è stato così? Allora anche tu hai avuto voglia di revenge shopping

Potrebbe sembrare un’esagerazione da società capitalistica, abituata alle spese frequenti per semplice desiderio di gratificazione, ma in realtà è un fenomeno lontano nello spazio e nel tempo: nasce nella Cina comunista dopo gli anni della rivoluzione culturale e si ripresenta nel 2003, dopo la Sars. Periodi molto turbolenti hanno risvegliato nella popolazione un desiderio di shopping per vendetta contro tali situazioni critiche che hanno impedito il normale scorrere della quotidianità, l’ultima delle quali il Covid-19. Acquisti d’impulso e irrazionali, orientati maggiormente ai beni di lusso sono gli aspetti che meglio descrivono il fenomeno del revenge shopping (o revenge spending)

Ha fatto scalpore la notizia degli incassi da record della boutique Hermès a Canton, che il giorno della riapertura ha avuto incassi per 2.7 milioni di euro. È stato accolto come un segnale incoraggiante, facendo ben sperare per i guadagni futuri e la ripresa dell’economia in Italia e nel resto del mondo. Tuttavia, successive analisi hanno riportato tutti con i piedi per terra, sostenendo come non può esser questo il perno su cui costruire la ripartenza. Questo perché l’acquisto dei beni di lusso interessa solo una minima parte della popolazione, non sufficiente per sostenere l’economia di un intero Paese. La stragrande maggioranza valuta gli acquisti in base alle possibilità presenti, ma soprattutto sulla fiducia verso il futuro, sentimento che comprensibilmente si fa fatica a trovare.

Inoltre, è necessario sottolineare come il rapporto con il processo d’acquisto vari da Paese a Paese: ad esempio, la Cina attualmente vive l’acquisto di beni di lusso come momento di rivalsa, mentre questa fase è stata ampiamente superata dall’Italia. Qui, i recenti avvenimenti hanno spinto i consumatori a prediligere acquisti di cui compiacersi intimamente, che abbiano un’utilità per la cura di sé stessi, la casa e la famiglia. Non poteva che essere così dato che, a causa delle regole di distanziamento in vigore anche dopo il lockdown, si sono ridotti i momenti di incontro con gli altri e la conseguente gratificazione derivante dall’esibizione di un particolare capo o accessorio. Particolare spinta hanno avuto anche gli acquisti ecosostenibili.

In realtà, dopo qualche settimana dalla riapertura dei negozi, neanche in Cina si è verificato il tanto atteso revenge shopping e quello di Hermès è rimasto uno dei pochi casi isolati. Al contrario, segnali incoraggianti arrivano dalla sola Germania, la cui economia e comportamenti dei cittadini sono stati ampiamente sostenuti dallo Stato. Tralasciando stime ottimistiche, bisognerà pazientare per valutare se i commercianti saranno stati in grado di riportare i clienti in negozio, facendo riscoprire loro l’esperienza fisica dello shopping, ancora terreno inesplorato per l’e-commerce.

Anna Angona