THE IRISHMAN: SCORSESE HA SCELTO NETFLIX

Credo che almeno una volta nella vita tutti abbiamo avuto modo di restare affascinati da una pellicola di Martin Scorsese. E il suo ultimo capolavoro – The Irishman – non ha fatto altro che confermare il genio di un uomo che, questa volta, ha deciso di affidare la propria creatura ad un gigante degli OTT: Netflix.

The Irishman: una sventura per gli esercenti

Come avvenuto per Sulla mia pelle e Roma, nella filiera cinematografica che dal mondo della produzione arriva alla distribuzione e all’esercizio, anche per The Irishman si è dato avvio ad accese discussioni sulle dinamiche di mercato a livello internazionale e sul rispetto delle normative, che prevedono una finestra temporale tra l’uscita del film nelle sale e lo sfruttamento nei canali televisivi.

Anche in questo caso ANEC e FICE – rispettivamente Associazione Nazionale Esercenti Cinema e Federazione Italiana Cinema d’Essai – d’accordo con le associazioni d’essai europee hanno ribadito di aver provato un profondo disagio nei confronti di una politica come quella di Netflix, interessata alla sola visione sulla piattaforma e che poco ottimizza la sala.

Qualcosa di nuovo però deve essere avvenuto: la decisa presa di posizione degli esercenti e delle associazioni di categoria ha infatti convinto Netflix a rivedere benevolmente la propria scelta iniziale, riconoscendo per The Irishman un periodo di più di 20 giorni di programmazione in sala prima del passaggio sulla piattaforma (già annunciato per il 27 novembre). È stato solo un piccolo successo, non solo per chi gestisce le sale, ma anche per tutti gli amanti del cinema che hanno avuto qualche giorno in più per vedere sul grande schermo il film di Scorsese: la pellicola è uscita nelle sale il 4 novembre, peraltro come film “evento”, pratica distributiva che sarebbe nata per favorire l’uscita dei film di produzione nazionale e decongestionare le programmazioni, ma che in questo caso ha subito una palese forzatura.

Nuova finestra distributiva vs la sala classica

Che Netflix faccia parte della filiera distributiva è ormai da tempo fuori da ogni discussione, ma che esso stia surclassando – o possa farlo in futuro – le sale dei cinema non credo accadrà mai.

La sala, ad oggi, penso resti ancora il luogo di creazione di valore nella filiera per eccellenza. A sostegno di quanto detto, vi è un articolo che porta in luce un’intervista condotta dall’agenzia di Washington EY, in Italia riportata da ‘la Repubblica’, nella quale viene affermato che “chi ama guardare un film, lo fa in qualsiasi modo”. Chi, dunque, va con più frequenza al cinema fruisce più film in streaming. Le due modalità d’intrattenimento andrebbero dunque di pari passo.

Quindi, possiamo davvero continuare ad insinuare che questa nuova finestra di distribuzione ci stia allontanando dalla sala così come molte voci affermano? Ed è anche giusto dire che un film come quello di Scorsese distribuito nei cinema per più tempo avrebbe portato a maggiori incassi e commenti? Credo che del fenomeno Netflix si sia parlato abbastanza, e credo anche lo si voglia vedere come attenuante di un possibile ribasso delle visioni in sala, ma così non è. Il vero quesito che rimane avvolto in un alone di mistero è quello del lungo termine: quale tra le due finestre riuscirà a sopravvivere più a lungo con incassi di un certo spessore?

In conclusione, seppure il modello tradizionale delle finestre temporali sembra essere stato messo in crisi, in modo forse incontrastabile, modelli alternativi faticano ad affiancarsi. È tuttavia innegabile che il trend è verso una progressiva trasformazione e sovrapposizione delle finestre, ormai stabilite esclusivamente da accordi commerciali, ed una maggiore autonomia ed elasticità nelle strategie distributive, che possono variare di Paese in Paese in relazione alla caratteristiche dell’opera e del pubblico a cui è destinata.

Giada Catania