Nella mattinata di giovedì 5 marzo ho avuto la possibilità di parlare con la dott.ssa Ludovica Scorzelli, HR Operations presso Healthware Group, una delle aziende partner della II edizione di Take Flight Program, la challenge in ambito comunicazione/media e marketing sviluppata e lanciata da CIMO in collaborazione con il servizio Stage&Placement dell’Università Cattolica.
Stiamo parlando di un’organizzazione attiva nel settore della comunicazione multichannel e della consulenza strategica, che si occupa anche della progettazione di applicazioni e servizi innovativi per il settore della salute, in particolare negli ambiti della digital health e, più recentemente, delle digital therapeutics.
Innanzitutto, quali sono stati i motivi che vi hanno spinto a partecipare alla challenge Take Flight Program?
Abbiamo ritenuto fosse un’opportunità indubbiamente sfidante per i ragazzi, ma altrettanto ghiotta per noi, in primis perché ci permette di creare una sinergia con l’università, e poi perché programmi di questo tipo consentono ai ragazzi di annusare e respirare l’ambiente, di “sporcarsi le mani” con la nostra realtà, con un progetto che ci riguarda, facilitando così anche un eventuale on boarding.
Per quale motivo avete scelto proprio l’Università Cattolica e, in particolare, il nostro corso di laurea (CIMO)?
Per l’università abbiamo uno “sponsor”, perché Fabrizio Vettori (Client Service Director) ha studiato presso il vostro ateneo: si è trattato quindi di una “via privilegiata”. Il corso di laurea, inoltre, è sicuramente affine al nostro business: abbiamo quindi ritenuto estremamente valido e opportuno il ponte tra il CIMO e la nostra azienda.
Brief alla mano: avete lanciato la sfida Speaking Wisely, il cui tema è “lo sviluppo di una progettualità strategica che permetta, in maniera sinergica, di agevolare il rapporto Medico-Paziente nelle varie fasi del Patient Journey”, un progetto indubbiamente molto ben strutturato. Cosa vi ha spinto a proporre questo brief così impegnativo, piuttosto che concentrarvi unicamente su una fase del Patient Journey?
Proporre di concentrarsi solo su una parte del Patient Journey non avrebbe permesso agli studenti di entrare effettivamente nel meccanismo della nostra realtà e di avere una visione a 360°, soprattutto per chi non ha mai avuto a che fare con il mondo della salute digitale. Tutte le fasi del Patient Journey sono fondamentali: comprendere questo è alla base del nostro business, e comprendere il meccanismo in toto è il primo passo per riuscire a entrare nella nostra organizzazione e dare il meglio si sé. Possiamo quindi dire che l’opzione proposta, nonostante sia particolarmente sfidante, è senza dubbio la più formativa possibile nel nostro caso.
Un brief in perfetto stile CIMO, che sprona i suoi studenti ad essere sempre proattivi e a mettersi costantemente in gioco, impegnandosi al massimo. Voi in particolare cercate persone in grado di stupirvi, che sappiano indagare e trasformare gli insights in successo; allo stesso tempo vi aspettate un progetto che riesca a far emergere il valore aggiunto del rapporto Medico-Paziente. La domanda è: pensate che valore aggiunto e capacità di stupire vadano di pari passo?
Assolutamente sì, personalmente ritengo che le due cose vadano a braccetto: nella nostra realtà qualsiasi relazione di business con i clienti, anche quella più tradizionale (come progetti di marketing tradizionali offline o progetti congressuali), viene portata avanti con la volontà di inserire sempre un elemento innovativo, calibrato sulla base del cliente che abbiamo di fronte: se ci rendiamo conto che possiamo osare allora optiamo per i “fuochi d’artificio” lato innovazione; allo stesso tempo però riusciamo anche a comprendere che con qualche cliente un po’ più tradizionalista dobbiamo attenerci a una comunicazione più rigida e tradizionale, ma anche in quel caso cerchiamo di lanciare qualche pillola di innovazione, sempre con l’obiettivo di stupire.
Inoltre, nel rapporto Medico-Paziente tutto si sta evolvendo, il digitale ha portato una sferza di innovazione profondissima: chi meglio di ragazzi che stanno studiando può effettivamente apportare il proprio valore aggiunto e stupire? Crediamo che questo target sia il migliore possibile.
Da quel che emerge dalle tue parole si può dire che Healthware sia una realtà estremamente interessante. Siete partiti da Salerno, da Palazzo Innovazione, sede della storica Scuola Medica Salernitana (la prima scuola di medicina storicamente documentata), ed ora siete all’avanguardia nell’ambito della salute digitale. Un ambiente sicuramente innovativo, in cui è possibile imparare molto, per questo ti chiedo: cosa può trovare il vincitore del TFP da voi e quali soft skills potrà allenare durante lo stage?
Eviterei di raccontarti le competenze tecniche che si possono acquisire, sono abbastanza prevedibili: una qualunque persona junior che si mette alla prova alla sua prima esperienza professionale acquisirà di sicuro delle competenze tecniche, che possono essere all’inizio il metodo, l’infarinatura sul business, l’acquisizione di tecniche di marketing e molto altro. La cosa che mi preme condividere di più è la possibilità di entrare in un’organizzazione fluida, dinamica, all’interno della quale tutte le persone hanno lo stesso valore: da noi, ad esempio, il CEO promuove una comunicazione aperta e si rende disponibile per un confronto a tutti i livelli credendo fortemente nell’importanza di feedback sia top down che bottom up. Chiaramente esistono anche delle gerarchie, perché è necessario avere delle regole, tuttavia questo non impedisce scambi e confronti, continuamente promossi dai vertici aziendali.
In generale in Healthware vogliamo che le persone siano indipendenti e intraprendenti, ovviamente con buon senso: non si può pensare di essere indipendenti fin da subito, ma sono molto apprezzate la spinta all’autonomia e la proattività, intesa non come irruenza, ma piuttosto come capacità di porsi le giuste domande e cercare le risposte, senza paura di fare una riflessione diversa, nuova, perché tutto è valore dal nostro punto di vista.
Nella nostra azienda, inoltre, non esistono i silos organizzativi: abbiamo scelto di chiamare le nostre business unit delle “discipline” perché crediamo nel valore della competenza per poter raggiungere gli obiettivi di business. La nostra è una filosofia filo-americana: crediamo nell’importanza di un ambiente lavorativo sereno, del lavoro di squadra, nelle capacità di essere un team player, di essere accountable, di sentirsi parte di un unicum e di avere cucito addosso il proprio contributo all’organizzazione e l’organizzazione stessa. Senza dubbio si lavora tanto, non è un parco giochi: talvolta può sembrare un’isola fantastica, ma al contrario è molto ancorata alla realtà, c’è tanto da fare ogni giorno; crediamo però nel nostro lavoro e lo facciamo perché ci piace, perché siamo appassionati, e lavorare con passione è un dono impagabile.
Un’organizzazione in cui le persone non sono numeri, ma parti di un meccanismo più complesso e, come tali, fondamentali per il raggiungimento di un obiettivo comune. Un’azienda innovatrice tanto all’interno quanto all’esterno, oltre che coerente con quanto presentato, in perfetta linea con l’idea di engagement intesa come “coinvolgimento a 360°”, ossia come capacità di “tirare a bordo” e “legare emozionalmente” le persone.
Assolutamente sì.
In chiusura, una frase motivazionale per gli studenti che parteciperanno al TFP?
Mi piacerebbe condividere con gli studenti i nostri valori che sono, ogni giorno, fonte di enorme ispirazione per noi tutti:
Live to learn
Be a team player
Champion the work
Build lasting relationships
Hold ourselves accountable
…This means being an Healthwarian!