Dal 15 settembre 2019 fino al 6 gennaio 2020, la Fondazione Sozzani di Milano ospita la mostra Silver Lake Drive, un viaggio fotografico nella California stilizzata.
I ritratti iper-realistici e brillanti di americani stereotipati, catturati in spazi pubblici particolarmente affollati, costellano il percorso della prima esposizione in Italia della fotografa e regista americana Alex Prager. Le fotografie, dal taglio cinematografico e dalle tinte luminose, nascondono in realtà un sottofondo di disagio e dramma psicologico, che si rivela solamente nel profondo delle espressioni dei soggetti.
L’immaginario rappresentato da Alex Prager, infatti, richiama un’America dai tratti fortemente pop, che però servono a mascherare un’angoscia e un malessere abilmente camuffato. I set utilizzati per le fotografie sono studiati con estrema cura e precisione, e risultano talmente ordinati da creare un senso di disturbo interiore in chi le osserva: sia le folle immortalate, sia le solitarie donne agghindate con parrucche e ciglia finte, comunicano tristezza e solitudine, le debolezze che l’America non vuole far vedere.
Le atmosfere Noir e i costumi di scena rivelano uno studio del particolare e una grande tecnica cinematografica, che accompagna tutta l’opera fotografica di Alex Prager. Infatti, le influenze di Hollywood, si percepiscono ancora di più nella parte finale dell’esposizione: infatti all’interno di una sala buia, si trova un’installazione nella quale sono proiettate delle confessioni-monologhi, tratte dal cortometraggio Face in the crowd, che vede anche la partecipazione dell’attrice Elizabeth Banks. Questa trasmissione a tre canali, è studiata per mettere in evidenza l’angoscia e il senso di smarrimento, grazie all’alto contrasto dato dall’alternarsi di primi piani dettagliati e di scene di folle claustrofobiche.
La commistione di situazioni anomale e familiari e la confusione tra realtà e fantasia portano a riflettere sulla distanza tra interiorità ed estetica, tra emozioni e apparenze, in un turbine di colori e pose studiate, dove l’individualità si perde nel caos dei luoghi affollati.