NON CREDERE AI TUOI OCCHI: DEEPFAKE, IL LIVELLO PIÙ PROFONDO DELLE FAKE NEWS

Il 23 settembre è andato in onda a Striscia la Notizia un fuori onda esclusivo che vede come protagonista Matteo Renzi seduto a una scrivania mentre racconta della sua scissione dal PD.

Il video non lascia dubbi sulla sua veridicità, se non fosse per il fatto che il leader di Italia Viva inizia a usare espressioni particolarmente colorite per indicare i membri del suo ex partito e del governo Conte.
Nulla infatti è reale in queste immagini, prodotte grazie all’intelligenza artificiale e all’apprendimento automatico. Il fuori onda di Renzi rappresenta il primo approdo in Italia della tecnologia deepfake che, attraverso software che utilizzano algoritmi di machine learning, è in grado di modificare l’immagine e la voce di persone reali. Grazie alla sincronizzazione del labiale e la sovrapposizione delle espressioni facciali di un’altra persona è possibile letteralmente mettere in bocca a chiunque parole mai pronunciate e manipolare così interi discorsi.

La stessa sorte era già toccata a Mark Zuckerberg che a giugno è diventato protagonista di un video deepfake pubblicato su Instagram dove si vantava di poter controllare il futuro, avendo a disposizione i dati di oltre due miliardi di persone. Il video, totalmente falso, è opera degli artisti Bill Posters e Daniel Howe, in collaborazione con Canny AI, una compagnia israeliana di software.
Instagram ha deciso di non rimuovere il contenuto, ma solo di penalizzarlo in modo tale che l’algoritmo non lo considerasse rilevante e quindi lo mostrasse sempre meno agli utenti. Questa scelta è stata spiegata come una protezione della libertà di espressione e di satira.
Se questi però sono casi di deepfake dichiarati, viene da chiedersi che cosa succederebbe se iniziassero a circolare video come questi senza l’indicazione della loro falsa natura e quali provvedimenti prenderebbero in quel caso le piattaforme.

D’altronde, si sa, viviamo nel mondo della “post-verità” e informarsi è diventato sempre più difficile. A Learning360, l’evento dedicato alla digital transformation e al digital learning, si è parlato di fake news ed è stato rivelato un dato allarmante: oggi il 28% degli italiani è composto da analfabeti funzionali che tendono a ritenere vere le notizie che leggono senza alcun tipo di approfondimento. Questo accade particolarmente di frequente quando si naviga sui social networks, dove la viralità è diventata legittimante di qualsiasi notizia messa in circolazione.

Un esempio eclatante è rappresentato dalla campagna denigratoria di cui è stato vittima perfino David Puente, il debunker noto per il suo impegno proprio contro le fake news. Lo scorso anno su Twitter è stato pubblicato un falso lancio Ansa che accusava Puente di pedofilia: la notizia è stata diffusa da un profilo falso, ma dal momento in cui è stata ritwittata da account reali è diventata virale e di conseguenza vera per la maggior parte delle persone.

In questo scenario non ci sono particolari soluzioni da adottare, se non quella suggerita in un paper del Parlamento Europeo in materia di disinformazione online:

«Sul web bisogna comportarsi come se ogni giorno fosse il primo d’aprile».

Martina Panarello