Drew Goddard ha appena realizzato il suo nuovo film Bad Times At El Royale, uscito da poco nelle sale italiane. Si tratta di un noir thriller con un cast d’eccezione che comprende Jeff Bridges, Cynthia Erivo, Dakota Johnson, Jon Hamm, Cailee Spaeny, Lewis Pullman, Nick Offerman, Chris Hemsworth.
La storia è ambientata nel 1969 in un hotel di lusso ormai in decadenza che si trova al confine tra Nevada e California. 7 sconosciuti si ritrovano per motivi diversi nello stesso luogo e si rendono conto di avere qualcosa in comune. Ognuno di loro ha un segreto, uno scheletro nell’armadio che presto verrà portato alla luce.
Una struttura narrativa che non è del tutto inesplorata, richiama infatti altri film che vedono individui diversi a confronto in uno stesso spazio come Carnage, The Hateful Eight, ma anche Psycho e Identity per quanto riguarda le ambientazioni dark e il motel come sfondo. Non una novità ma una combinazione che funziona sempre molto bene e che permette al film di esplorare davvero la psicologia dei personaggi. A questo proposito infatti il regista ha dichiarato di aver girato la pellicola in ordine cronologico per permettere agli attori di crescere insieme ai protagonisti della vicenda. Fatto che ha permesso loro di realizzare performance davvero notevoli, in particolare una scoperta sono Dakota Johnson nei panni della ribelle hippy e Chris Hemsworth per la prima volta come figura oscura e controversa.
Ad una prima visione il film può risultate contorto, disturbante e quasi nonsense ma queste sensazioni sono dovute alla forza delle immagini che in un certo modo distraggono lo spettatore dal significato della storia. Spesso più forma che sostanza il film mostra chiaramente le doti tecniche di Goddard, che richiamano fortemente registi come Tarantino e i fratelli Coen, e riesce ad essere quasi alla loro altezza grazie a fotografia ed effetti cinematografici davvero notevoli. In una intervista il regista dice infatti di aver “costretto” tutta la troupe a riguardare Barton Fink prima di iniziare a girare.
Nonostante alcune pecche e qualche buco di sceneggiatura il film riesce comunque a trasmettere il suo messaggio, forse meglio con una seconda visione. Analizzando l’opera si comprende quindi come il soggetto principale sia in realtà l’America del ’69 ma anche quella di oggi, fatta di libertà e di razzismo, violenza, peccati, scandali, crimini e redenzione. Una dualità che è presente ancora oggi, nulla è come sembra e c’è sempre qualcosa di torbido e nascosto dietro ogni vicenda. El Royale diventa quindi una sorta di Purgatorio nel quale si incontrano personaggi che hanno bisogno di confessarsi e redimersi o semplicemente di aiutare gli altri e se stessi, non sono tutti da condannare ma ognuno di loro ha bisogno di trovarsi in questo luogo di passaggio. Tutta la vicenda avviene nel corso di una notte che tra pioggia e fuoco cambierà per sempre il destino dei 7 sconosciuti.
Non mancano inoltre i riferimenti storici come il Watergate con Nixon, la guerra in Vietnam, l’eccidio di Charles Manson con la sua “family” che però forse risultano essere troppo palesi all’interno della trama e quasi rompono il mood del film. In generale il regista aveva in mente un prodotto ben preciso da realizzare e ci è riuscito ma il film sembra quasi un’opera preconfezionata che comunque si concentra più sulle immagini che sul resto.
Beatrice Corona