L’INFERMITÀ MENTALE NON È PIÙ UN TABÙ: STEFANIA ANDREOLI E LA NUOVA COMUNICAZIONE DELLA SALUTE

Si chiama Stefania Andreoli, ma, per i suoi estimatori è, semplicemente, “La Stefi”. Psicoterapeuta e scrittrice lombarda, la “doc” conta più di 340 mila followers su Instagram: una popolarità di questo tipo per una professionista del genere sarebbe sembrata insolita fino a poco tempo fa, ma i social network hanno del tutto cambiato le logiche persino in ambito sanitario, ridefinendo il modo in cui si parla della salute. Ed è il caso di dire: fortunatamente.

D’altronde, la salute mentale è stata un vero e proprio tabù, per anni. Da appartenente alla generazione Zeta, sento di poter affermare che le nostre madri, i nostri padri, le nostre nonne e i nostri nonni non erano per niente abituati all’idea che dallo psicologo non ci andassero solo i “pazzi” – che poi, chi sono i pazzi?

Col senno di poi, sarebbe stato assurdo pensare a una psicoterapeuta che va in radio a chiarire i dubbi dei genitori e che il martedì – puntualissima – utilizza le sue storie Instagram (a dire il vero, sarebbe stato assurdo anche solo pensare all’esistenza delle stories) per rispondere a delle domande che si potrebbero benissimo fare nella cosiddetta “stanza delle parole”. E invece: è proprio questo che Stefania Andreoli fa – anzi; è solo una piccola parte di ciò che ci siamo abituati a vederle fare nel corso degli ultimi anni. Ogni giovedì, infatti, pubblica sul suo profilo Instagram l’“almanacco”, ricordando le principali attività della settimana successiva; tra queste, non manca mai “Il martedì delle parole” (a cui ho alluso qualche riga fa) e “Catteland”, il programma di Alessandro Cattelan trasmesso su Radio Deejay in cui, nella giornata del mercoledì, Andreoli conduce una sua rubrica.

Stefania Andreoli si inserisce, anche attraverso i suoi saggi divulgativi, in un contesto che da tempo si prepara al cambiamento. La destigmatizzazione delle infermità mentali è un processo non ancora portato a termine, che però ha fatto dei grandi passi in avanti da quando sia esperti del settore che persone comuni hanno iniziato a raccontare rispettivamente gli aspetti tecnici della questione e le loro storie personali. Un esempio sono i disturbi del comportamento alimentare (DCA), in merito ai quali sono numerosi gli utenti di Instagram, Tik Tok, Facebook, YouTube – e chi più ne ha più ne metta – che non fanno segreto del loro percorso di guarigione, ispirando nella maggioranza dei casi coloro che stavano vivendo lo stesso dramma.

Anche parlare di psicoterapia non è più una novità, nemmeno nei contesti meno seriosi e più umoristici. È diventato “normale” scegliere di prendersi cura di sé nella “stanza delle parole” e in questo senso il contributo di Andreoli è stato fondamentale. La sua forza, al momento, è, in particolar modo, essere riuscita a stringere con la sua fanbase un rapporto che supera i limiti delle piattaforme. Ha costruito la sua reputazione conquistandosi la fiducia e la stima di chi la segue con piacere, attendendo gli aggiornamenti dei suoi contenuti. Con semplicità, è in grado di rendere le dinamiche psicologiche comprensibili a tutti, sui social come nelle sue opere editoriali, attraverso un linguaggio che ha l’obiettivo di creare un legame paritario con i followers.

Non solo. Lavorando da sempre con i più giovani, cerca di rendere visibili le potenzialità delle nuove generazioni, in un tentativo complicatissimo di dare inizio a un dialogo intergenerazionale che non si soffermi in superficie, ma che scavi nel profondo tra le ansie e i disagi dei figli di un mondo da rifare.

È un forte cambiamento a livello comunicativo quello che si sta configurando davanti ai nostri occhi. La salute non è più soltanto qualcosa da relegare negli ospedali e negli studi medici, ma è un tema fondamentale, di cui è d’obbligo parlare, utilizzando tutti i mezzi che la tecnologia ci fornisce.

Chiara Trio