MIGLIORARE UN CAPOLAVORO: LA SERIE DI THE LAST OF US

È possibile dare una nuova vita e una nuova forma a un’opera che ha vinto 256 premi senza intaccarne bellezza e spirito? Dopo aver visto la serie di The last of us la risposta è affermativa!

Nel marzo del 2020 l’emittente televisiva HBO – già produttrice di opere cult come Game of Thrones, Sex and the city e The Sopranos – annunciò l’imminente sviluppo di un nuovo progetto: l’adattamento del videogame The last of us. Il capolavoro ricamato dalla casa Naughty Dog e diretto da Neil Druckmann è considerato un must-have per tutti coloro che si definiscono appassionati di videogiochi. L’iniziale entusiasmo per questo annuncio fu, in seguito, smorzato da un diffuso scetticismo; giustificato, a parere di chi scrive, dalla scadente qualità dei precedenti adattamenti di opere videoludiche (basti pensare alle deludenti versioni cinematografiche di alcuni cult dei videogames come Assassins’ creed e Resident Evil).

IL MONDO DI DRUCKMANN

La storia, sapientemente orchestrata dal direttore tecnico Neil Druckmann, è ambientata in un mondo devastato dalla pandemia del Cordyceps: un fungo che trasforma tutti gli esseri umani con cui entra in contatto in creature aggressive e del tutto prive di raziocinio. In questo mondo in cui gli esseri umani sono ormai una minoranza, si muovono i nostri due protagonisti: Joel ed Ellie. Joel è un uomo di mezza età che porta su di sé il peso di indicibili sofferenze che gli hanno causato una freddezza quasi totale nelle relazioni umane. Ellie invece è un’adolescente combattiva e determinata ed è l’unica a possedere l’immunità dalla malattia. Tale immunità rappresenterà per lei un pesante fardello perché se da una parte gli infetti non costituiscono un particolare motivo di preoccupazione per la sua salute, dall’altra sentirà sulle sue spalle, nel corso di tutto il gioco, il peso del destino dell’intera umanità. Il compito di Joel, infatti, è quello di scortare Ellie dalle LUCI, un’organizzazione che possiede dei medici in grado di sintetizzare un vaccino contro il Cordyceps.

La ragione che ha reso questo titolo così memorabile non è però da ricercare nella perfezione tecnica del gameplay o nella straordinarietà della sua ambientazione (dato che quella post-apocalittica era, ed è rimasta, un classico del mondo dei videogiochi), bensì nella cura con cui si sviluppano i rapporti umani. In Joel ed Ellie questo concetto si incarna appieno ma, nel corso dell’avventura, si incontrano tantissimi personaggi che colpiscono lo spettatore dritto al cuore grazie a una caratterizzazione curata fin nei minimi particolari. La brutalità che viene riversata sul giocatore è finalizzata a dimostrare come l’essere umano, quando guidato dal puro istinto di sopravvivenza, sia in grado di commettere le peggiori atrocità con enorme naturalezza.

LA SERIE

La ragione primaria che aveva portato al fallimento delle precedenti trasposizioni di videogiochi è stato il mancato adattamento al medium del piccolo e del grande schermo. L’esperienza videoludica, infatti, permette un coinvolgimento completo nella narrazione ed è, inoltre, ricolma di alcune dinamiche che non sarebbero godibili su un medium differente. Craig Mazin (ideatore della serie) e Druckmann invece, sono riusciti a diventare l’eccezione. Riuscendo a rimanere estremamente fedeli alla trama originale hanno confezionato – grazie ad alcune sapienti scelte narrative e alle interpretazioni magistrali di Pedro Pascal (Joel) e Bella Ramsey (Ellie) – un prodotto che fronteggia fieramente il videogioco. In alcuni tratti, addirittura, l’opera televisiva riesce ad approfondire e migliorare alcune dinamiche di trama che nel videogame, giocoforza, erano state trascurate, riuscendo così a fornire un’esperienza estremamente godibile sia per lo spettatore che guarda con occhi nuovi a questo storia, sia per coloro che avevano già avuto modo di apprezzarla vivendola in prima persona nel gioco.

CONCLUSIONE

L’ottimo lavoro svolto ha convinto la HBO a proseguire con questo progetto per una seconda e una terza stagione ma, viste le qualità della prima stagione e del sequel del gioco, le potenzialità non mancano.

Pietro Mele