Come molti sapranno, il programma Erasmus, è un programma di mobilità studentesca dell’Unione europea, creato nel 1987, che dà la possibilità a uno studente universitario europeo di effettuare in un’università straniera un periodo di studio legalmente riconosciuto dalla propria università.
Il nome del programma è ispirato all’umanista e teologo olandese Erasmo da Rotterdam (1469-1536) che viaggiò diversi anni in tutta Europa per comprenderne le differenti culture. Inoltre, la parola Erasmus è l’acronimo di European Region Action Scheme for the Mobility of University Students. L’idea di questi interscambi universitari ebbe origine nel 1969, negli anni in cui si cominciava a costruire, con i primi concreti passi, l’Europa unita, grazie all’intuizione dell’italiana Sofia Corradi, soprannominata infatti “Mamma Erasmus”.
Il progetto vero e proprio nacque poi grazie all’iniziativa dell’associazione studentesca AEGEE che, in collaborazione con la Commissione europea, permise l’approvazione del primo programma Erasmus nel 1987. È così cominciata la storia di questo bellissimo interscambio culturale fra popoli europei, che rappresenta tutt’oggi una meravigliosa opportunità per tanti studenti. Personalmente, ho avuto il piacere di intraprendere questa esperienza (tuttora in corso) nella bellissima città di Valencia, durante il secondo anno di laurea specialistica in Comunicazione e Marketing. In genere, quando si parla dell’importanza di questo tipo di esperienza, si pensa al fatto che i giovani hanno l’occasione di vivere in autonomia, di confrontarsi con altre culture, di imparare meglio una o più lingue straniere, etc.
Tutto ciò è sicuramente vero, tuttavia, a ben vedere, l’Erasmus apre anche a ciascun partecipante, nella propria vita futura, una via di comunicazione “facilitata” verso i paesi esteri. Non vi è dubbio, infatti, che un bagaglio di esperienza simile, possa facilitare i rapporti, anche ad esempio in un’ottica lavorativa prospettica. Oggi, forte dell’esperienza che sto vivendo, credo di poter guardare con maggiore sicurezza e padronanza, una futura occasione lavorativa in un altro paese, perché sono più facilmente in grado di comunicare, entrare in contatto e collaborare, con persone di altri paesi. Ancora, se nel mio lavoro futuro avrò il compito di curare/pianificare attività che riguardino, a titolo di esempio, mercati esteri, sono dell’idea che saprò affrontarlo con maggiore efficacia perché avrò sperimentato persone e culture diverse dalla mia.
La storia passata e presente, ci insegna che tanto è stato fatto per integrare i popoli e le economie europee, ma tanto resta ancora da fare; non di rado emergono forti contrasti e gli interessi nazionalistici prevaricano quelli comunitari. Tuttavia, mi piace pensare che l’Erasmus costruisca una sottile rete che pone in comunicazione tanta gente di tanti paesi diversi e credo di poter sperare che questo intricato reticolo di comunicazione fra popoli e culture aiuti davvero a realizzare gli ideali e gli obiettivi dell’Europa unita.