Oggi l’artista viene riconosciuto tale in quanto sia ideatore che realizzatore materiale dell’opera d’arte, frutto del suo genio creativo a 360 gradi. Ma non è stato sempre così.
La difficoltà di riconoscere ai produttori materiali dell’opera d’arte il ruolo di artista risale ai tempi dell’antica Grecia, quando l’artista era considerato un semplice artigiano e l’opera d’arte il prodotto dell’ispirazione divina e non il frutto del genio individuale.
Nel cinema il riconoscimento del lavoro del regista come prodotto artistico ripercorre molto da vicino la sorte che era toccata agli artisti a partire dalla Grecia antica e fino al Rinascimento, quando la figura dell’artista viene rivalutata e si afferma l’idea dell’artista come mente creatrice. Alla sua nascita, il cinema considerava, il regista solo come un operatore di continuità, un ruolo perfettamente equiparabile, quindi, a quello dell’artigiano. Poi però negli anni Cinquanta del secolo scorso, in Francia si sviluppa la cosiddetta politique des authores che rifiuta la concezione americana del regista come operatore di continuità. Truffaut delinea l’idea del regista-autore inteso come artista che crea un suo stile, un linguaggio artistico suo proprio attorno al quale si sviluppa un giudizio estetico.
In “Chiamami col tuo nome” il linguaggio artistico di Guadagnino è definito dalle diverse possibili chiavi di lettura della storia, dal ruolo attribuito al suono e al paesaggio e dal riuscire a fare “arte” sull’arte.
LE DIVERSE LETTURE DELLA STORIA
Guadagnino mette in scena un amore omosessuale. È solo questo? La risposta è no. Il nucleo narrativo primario, quello dell’amore omosessuale tra Oliver ed Elio, è il punto di partenza di una riflessione narrativa più ampia sul tema dell’amore, che viene affrontato in sfaccettature diverse: oltre all’amore passionale, l’amore come rapporto genitoriale e come rapporto d’amicizia.
IL SUONO, IL PAESAGGIO
Nel film i personaggi parlano poco, i dialoghi sono brevi ed essenziali, la parola rara mentre i suoni, come ad esempio il rumore della pioggia o il suono delle campane, assumono una funzione topogenetica: l’udibilità del suono crea l’ambiente e ne definisce i confini, confini che si estendono fin dove persiste l’udibilità stessa del suono.
Anche il paesaggio non è semplice sfondo, piuttosto organizza, tratteggia, definisce le azioni dei personaggi, in un certo senso le emana. Si tratta di un movimento che dall’ambiente va al personaggio, opposto quindi, ad esempio, a quello della pittura di Giotto, dove il paesaggio è emanazione dei personaggi. La scelta operata da Guadagnino, così come quella di Giotto anche se di segno opposto, mette dunque al centro della narrazione il paesaggio che non è cornice dell’azione ma azione esso stesso.
ARTE SULL’ARTE
Il regista attraverso inquadrature statiche in cui prevalgono il blu, il verde e il giallo “dipinge” dei veri e propri quadri rimandando la mente alle opere di Monet. Inoltre, il ritrovamento nel lago di Garda da parte dei protagonisti delle statue di Prassitele e di scultori di età ellenistica crea un legame tra passato e presente, tra cinema e arte.
In conclusione, Luca Guadagnino in questo suo film mette in dialogo l’arte con il cinema nascondendo sotto il testo audiovisivo la celebrazione del regista autoriale che sa fare arte sull’arte.
Francesca Romana Tortora