QUATTRO INCONTRI ACCADEMICI ALLA SCOPERTA DELLE SOFT SKILLS

Nel corso degli ultimi due mesi, come studenti del primo anno di CIMO (gruppo A-M) abbiamo avuto la preziosa occasione di metterci in gioco e allenare le nostre soft skills all’interno del corso tenuto dalla Professoressa Matilde Dondena.

Il seminario, articolato in quattro incontri da quattro ore ciascuno e pensato in combinazione con il corso di Digital skills della Professoressa Silvia Brena, ha il compito di far comprendere a noi studenti e futuri professionisti della comunicazione il valore delle principali soft skills. Non a caso, infatti, ogni lezione sviluppa diverse tematiche, non solo con un approccio teorico ma anche valorizzando la pratica attraverso role play e laboratori di varia natura. Per questo motivo, siamo stati coinvolti in prima persona così da sperimentare le varie competenze, guidati attentamente dalla professionalità ed esperienza della professoressa.

Entrando nel vivo della questione, che cosa si intende per soft skills? Si tratta di competenze intrinseche all’individuo che gli permettono di svolgere un compito in maniera efficace e ottimale.  Incontrarsi in scena, il progetto di action training teatrale che la docente gestisce insieme al Professore Daniele Giulietti (responsabile del gruppo N-Z), riporta sul proprio profilo Instagram che la mission consiste nel «facilitare lo sviluppo delle soft skills per migliorare il benessere personale, nelle relazioni tra individui e nei gruppi per enti, aziende ed organizzazioni complesse».

Le soft skills a loro volta si dividono in competenze personali (es. fiducia in se stessi, ottimismo, adattabilità), competenze relazionali (es. ascolto, assertività, gestione del conflitto), competenze gestionali (es. creatività, produttività, mediazione) e competenze sociali (es. team-working, leadership, empatia). Inoltre, si distinguono dalle hard skills per tre motivi principali: riguardano la dimensione personale e non quella propriamente lavorativa, sono molto più complesse da valutare e misurare, hanno una natura leggera, immateriale e trasversale.

Durante l’arco delle quattro settimane abbiamo affrontato diverse questioni, ma da CIMER inesperta del primo anno sono rimasta piacevolmente colpita da tre di queste. Si tratta molto probabilmente di riflessioni sulle quali non mi sono mai posta degli interrogativi e che, per questo motivo, hanno catturato da subito la mia attenzione e quella di tanti miei colleghi. 

Nel corso del primo incontro abbiamo approfondito la tematica riguardante la gestione del tempo. Spesso ci capita di avere talmente tante attività da svolgere da non riuscire ad incastrarle tutte, rimandando al giorno dopo i compiti che ci coinvolgono meno e che, per questo, sono considerati un peso. Tuttavia, è facilmente intuibile che questo modus operandi potrebbe causare non poche problematiche non solo a livello personale, ma anche sul piano lavorativo. Come soluzione gli esperti e i facilitatori consigliano di “mangiare la rana, prima quella più grossa”, ovvero di sbrigare per prima la mansione più urgente e incomoda per noi. In altre parole, “prima il dovere, poi il piacere”.

La seconda settimana, invece, ci siamo concentrati sull’utilizzo della voce nelle sue diverse sfumature. A seconda del contesto in cui siamo inseriti è fondamentale saper scegliere che voce applicare. In particolar modo, sono state riconosciute sette diverse tipologie di voci: voce gialla (gioia), voce verde (fiducia), voce blu (affidabilità, sicurezza e verità), voce grigia (apatia e noia), voce nera (rabbia e ostilità), voce rossa passionale (coinvolgimento e passione) e voce rossa storytelling (emotività, spontaneità e calore umano). Grazie ad alcuni role play abbiamo allenato le varie voci, concentrandoci anche sul volume, sul tono, sul tempo e sulle pause. È stato un esercizio pratico divertente ma anche molto complesso da gestire.

Infine, durante la terza sessione, abbiamo focalizzato l’attenzione su alcuni piccoli suggerimenti utili ad ottimizzare la gestione delle emozioni. In primis, bisogna avere autoconsapevolezza. Higgs e Dulewicz affermano che il primo passo per imparare a controllare le emozioni consiste proprio nell’avere «consapevolezza delle proprie sensazioni e capacità di riconoscerle, di governarle e di controllare i loro effetti in un ambiente lavorativo», il tutto unito a fiducia e autostima.

Grazie al mondo delle soft skills ci siamo messi in gioco e abbiamo ampliato i nostri orizzonti. E voi? Quali sono le soft skills che dominate e quali vorreste implementare? Ah, e ricordatevi di mangiare la rana, prima quella più grossa!

Beatrice Casini