LINGUAGGIO INCLUSIVO SUI SOCIAL: BUONE PRATICHE DA SEGUIRE

Sempre più spesso, quando dobbiamo pubblicare o commentare un post ci troviamo davanti al problema di non sapere quali parole utilizzare. In un mondo dove la nostra e altrui sensibilità hanno un peso sempre più rilevante è importante stare attenti. In realtà, non esistono parole sbagliate, ma un loro scorretto utilizzo. Il dibattito sulle parole e sul loro uso è sempre più acceso, poiché le parole e i testi che scriviamo ci definiscono e ci mettono in relazione con persone di tutto il mondo e di ogni tipo.

Molto spesso la questione del linguaggio inclusivo viene relegata a tematiche di genere. Vediamo frequentemente l’utilizzo di asterischi *, schwa -ə, -u, -y e altre desinenze neutre. Il dibattito però non si riduce solo a questa tematica, poiché tocca anche questioni sociali e culturali. Non si tratta solo di genere, ma di inclusione di persone che troppo spesso vengono lasciate ai margini e non incluse nei discorsi che si creano nella nostra società.

Se parliamo di società, non possiamo non guardare anche ai social media, che da tempo sono parte integrante delle nostre vite e della nostra quotidianità. Per questo motivo, oggetto di controversie e dibattiti rispetto al linguaggio inclusivo. Che una pagina social o un sito web siano accessibili, inclusivi e navigabili da chiunque è una questione delicata, che ha coinvolto anche il parlamento europeo che chiede che “l’accessibilità web permetta a chiunque, comprese le persone con disabilità, di percepire, capire, navigare e interagire con Internet”. Noi utenti per primi dovremmo essere in grado di mettere in atto buone abitudini per far sì che questa diventi una pratica consolidata e non solo argomento di conversazione.

Ci sono alcuni punti fondamentali che possono essere seguiti. Innanzitutto, è una buona prassi quella di sottotitolare i video, in modo da aiutare le persone con disabilità a comprenderne il contenuto. Dopodiché, un’altra buona abitudine è quella di accompagnare con un testo alternativo che descriva il contenuto delle immagini, pratica che può essere di grande aiuto alle persone non vedenti che navigano la rete con dispositivi di assistenza. Alcuni social lo fanno automaticamente grazie agli algoritmi, altri permettono di inserirlo manualmente. Per rendere il linguaggio ancora più inclusivo si può limitare l’uso delle emoji, che con le tecnologie assistite vengono descritte minuziosamente, andando ad inficiare così la comprensione del discorso per chi utilizza i dispositivi di supporto. Infine, è opportuno utilizzare degli hashtag appropriati e coerenti rispetto all’immagine o al testo postato, in modo tale che le raccolte di contenuti seguano una linea logica.

Mettendo in atto queste best practice possiamo facilitare la lettura e la navigazione di molte persone, ma perché sembra ancora così difficile essere inclusivi?

Veronica Minardi