SPENCER: “TRATTO DA UNA TRAGEDIA VERA”

(Disclaimer: l’articolo contiene un’analisi del film, quindi spoiler e chiavi di lettura)

Spencer, uscito al cinema il 24 marzo 2022, racconta la tragedia che più ha segnato la famiglia reale britannica. La storia di Lady D, amata così profondamente da diventare icona contemporanea, è universalmente conosciuta, ma Kristen Stewart è riuscita ad aggiungere un ulteriore tassello a questo drammatico puzzle.

“Qui, in questa casa non c’è futuro. Passato e presente sono la stessa cosa” così Diana descrive la vita a palazzo, raccontandoci la Vigilia di Natale, il giorno di Natale e Santo Stefano del 1991. L’intero film, infatti, si sviluppa nell’arco temporale di soli tre giorni, che però risultano essere un tormento infinito. Il regista cileno, Pablo Larraín, è solito descrivere la vita di personaggi storici collocandoli in parentesi temporali precise, per focalizzarsi sulla loro psicologia.

La Principessa del Galles si trova ad affrontare l’ostilità di tutti i presenti e la difficoltà di rispettare usi e costumi secolari. La cattiveria pungente di Carlo e la presenza ingombrante dell’amante Camilla accentuano i disturbi alimentari di Diana, in un periodo dell’anno già di per sé sfidante per chi soffre di queste patologie. È proprio l’insistenza sulle ossessioni della Principessa a rendere il film disturbante, in grado di colpire dritto al cuore, ma poco adatto a spettatori facilmente impressionabili.

Il punto di vista della protagonista ci permette di sentire tutto il suo dolore e farlo nostro: Carlo che regala la stessa collana di perle a lei e a Camilla, la soffocante impossibilità di auto-determinazione, dalla scelta dei vestiti al fatto che la sua opinione riguardo l’educazione dei figli venga completamente ignorata. Se da un lato lo spettatore comprende l’etichetta che la vita reale impone, dall’altro lato è impossibile non empatizzare con una ragazza così dolce e pura, a cui “piacciono le cose semplici, normali: le cose vere”. La cameriera Meggie, l’unica figura positiva insieme ai figli, più volte ripete alla Principessa di mostrarsi forte e bellissima, ma Diana non riesce ad inserirsi in un contesto che la pretende diversa, ingabbiandola metaforicamente e concretamente, cucendo le tende della sua stanza.

Risulta difficile, però, effettuare un distinguo tra ciò che è reale e ciò che avviene solo nella sua mente, ormai in preda ad attacchi di panico ed esaurimento nervoso. Un mix tra storia, mito e leggenda è portato avanti per tutta la narrazione, creando un parallelismo intenso tra Lady D e Anna Bolena, la cui storia ossessiona Diana fino a temere di fare la stessa fine, poiché entrambe accusate di tradimento dal marito, quando è egli stesso ad avere una relazione con un’altra donna, che vorrebbe stabilmente al suo fianco.

Il ricordo di un passato felice acutizza il dolore della protagonista, che vuole scappare per “andare a casa”, nel luogo in cui è crescita, ormai fatiscente e in rovina, a pochi passi dalla tenuta in cui si trova. Diverse volte le viene impedito di farvi ritorno, finché in una drammatica notte riesce a sfuggire alle guardie reali e, tormentata dalle visioni, si trova sul punto di tentare il suicidio. È qui che il film raggiunge il picco della tensione; la sceneggiatura di Steven Knight, infatti, slitta costantemente il film da storico a thriller con sfumature horror, intensificato dalla colonna sonora.

Se nella serie tv The Crown è stato possibile vedere il bello e il brutto del matrimonio che tutti sognano, qui vediamo solo il brutto, anzi è Diana stessa a gettare in faccia allo spettatore quanto si sbagli a credere che quella vita sia felice e contenta. Non ci sono carrozze trainate da bianchi cavalli, né vaporosi abiti dalle stoffe pregiate: c’è Diana che scappa con i suoi bambini sulla sua decappottabile nera per godersi, alla fine del film, un unico attimo di felicità, ordinando semplicemente come Diana Spencer il più modesto ma prezioso pranzo da un fast food.

Irene Vitale