Molti studenti quando intraprendono il percorso universitario decidono di inserirsi contestualmente anche nel mondo del lavoro. L’erogazione delle lezioni in dual mode, in presenza e da remoto, è stata per molti studenti-lavoratori di grande aiuto.
Secondo l’Istat, il numero di studenti-lavoratori è in costante aumento. I principali motivi che spingono gli studenti a cercare lavoro sono legati a fattori economici e di indipendenza personale.
Spesso lo studente è costretto a guadagnare dei soldi per sostenere le rate universitarie, l’affitto fuori sede o la spesa, soprattutto nel caso in cui la famiglia non riesca ad aiutarlo. In altri casi, è lo studente stesso che decide di cercare lavoro, per sfuggire al controllo economico genitoriale e per essere totalmente indipendente.
Esistono sicuramente dei pro e dei contro. Personalmente, da tre anni e mezzo, lavoro full time come impiegata commerciale estero presso un’azienda e (non) frequento il corso di CIMO dal 2019. Ho scelto questa strada perché, dopo la laurea triennale, mi sono trovata in una fase di stallo, in cui la necessità di indipendenza economica dal nucleo familiare era fortissima. Dopo pochi mesi di lavoro, complice anche l’ambiente aziendale poco stimolante, decisi di iscrivermi alla magistrale, per poter avere maggiori possibilità lavorative future.
Sin da subito, ho notato l’esistenza di due atteggiamenti contrapposti nei confronti dello studente-lavoratore. In università, tra professori e compagni, lo studente-lavoratore viene visto con forte diffidenza. Determinati professori non vedono di buon occhio colui che lavora essendo che, il più delle volte, non può frequentare. A rafforzare questa idea è anche la prova che il materiale da preparare per l’esame da non frequentanti è sempre il doppio rispetto quello dei frequentanti, come se fosse una punizione. Ma, come detto prima, lavorare e studiare spesso non è una scelta.
C’è poca comprensione nell’ambiente universitario nei confronti dello studente-lavoratore. Non è semplice finire il turno di otto ore e dopo cena aprire i libri o sacrificare il weekend per l’esame da preparare.
Premetto che non ho mai chiesto nessun tipo di favoritismo e ho sempre sostenuto gli esami come richiesto. Però, è capitato che alcuni professori rispondessero con toni sgarbati quando non avevo lo stesso livello di preparazione dei miei colleghi, oppure che rispondessero che non gli importasse del fatto che lavoravo. Fortunatamente, ci sono stati altri professori con un grado di comprensione maggiore che si sono mostrati sempre gentili e disponibili. Dal lato universitario, ho spesso avuto la forte percezione, che lo studente lavoratore sia considerato da alcuni come opportunista, che non ha voglia di frequentare o di studiare.
Nel mondo del lavoro, la visione dello studente-lavoratore è totalmente capovolta. Complice sicuramente il fatto che un lavoratore conosce i ritmi lavorativi e lo stress psico-fisico che ne consegue, tanto che è portato ad elogiare il lavoratore che porta avanti anche la carriera da studente, considerandolo come una persona che si dà da fare e si impegna. Per riportare un esempio reale, nell’ultimo mese ho svolto vari colloqui per un nuovo impiego e i recruiters delle varie aziende si sono congratulati per la capacità di svolgere entrambe le cose.
L’erogazione delle lezioni online e la didattica a distanza è stata per me fondamentale. Credo che questo metodo possa essere fortemente d’aiuto a chi non frequenta, garantendo a tutti le stesse possibilità.
Infatti, nonostante lavorassi a tempo pieno, la possibilità di visionare le lezioni registrate, mi ha permesso di seguire i vari corsi e le spiegazioni dei professori in maniera più approfondita, garantendomi possibilità di organizzare lo studio.
Purtroppo, per quanto riguarda il mio corso, non appena la curva pandemica è rallentata, si sta procedendo ad abbandonare il dual mode, lasciando più spazio alle consuete lezioni in presenza. Credo però che sarebbe opportuno trovare un compromesso e registrare sempre le lezioni, per poterle riproporre in differita a chi non può frequentare. Ciò faciliterebbe l’apprendimento, garantendo pari opportunità, considerando che la retta da pagare è uguale per tutti.
Isabella Migliorati