Vincitore del premio Oscar come miglior cortometraggio del 2021 Due Estranei riesce a mostrare in maniera chiara ed efficace la realtà in cui vive la comunità afroamericana negli Stati Uniti, soprattutto a fronte dei tanti casi violenti che si sono susseguiti negli ultimi anni.
Il cortometraggio Due Estranei (Two Distant Strangers) si è conquistato una delle ambite statuette degli Academy Awards durante la loro ultima edizione. E’ stato scritto in seguito agli eventi che hanno scosso lo scorso anno gli Stati Uniti d’America, in particolare l’uccisione di George Floyd da parte della polizia che ha acceso proteste in tutto il Paese, ed è diretto da Martin Desmond Roe. Tra i produttori si trova anche il nome di Jesse Williams, noto al pubblico per il suo ruolo nella serie tv Grey’s Anatomy nonché attivista contro le discriminazioni razziali. Il corto è stato distribuito da Netflix nell’aprile del 2021 dopo essersi guadagnato la candidatura agli Oscar, e ha avuto un incredibile riscontro da parte del pubblico.
La trama è molto semplice quanto efficace: Carter, un ragazzo afroamericano interpretato dal rapper Joey Badass, si sveglia una mattina a casa di Perri, una ragazza conosciuta la sera prima, ma non riesce a tornare a casa sua, dal suo cane, perché viene ripetutamente ucciso dall’agente Merk (Andrew Howard). Ogni volta che Carter muore si risveglia e ricomincia tutto da capo. Nonostante i suoi tentativi di cambiare il corso degli eventi il poliziotto riesce sempre a trovare un pretesto per fermarlo. Alcune delle dinamiche che portano al suo decesso vogliono essere citazioni di fatti realmente accaduti, come l’uccisione di Breonna Taylor avvenuta nel suo appartamento e quella di George Floyd per asfissia, e la loro rilevanza viene sottolineata anche alla fine del cortometraggio, che chiude con una lunga lista di nomi di persone afroamericana uccise dalla polizia.
Le caratteristiche del loop temporale aiutano ad inquadrare meglio la sensazione di impotenza del protagonista di fronte a ciò che gli accade, all’impossibilità di cambiare le cose nonostante gli sforzi e l’infinito numero di tentativi per trovare una soluzione. E’ una metafora della condizione che viene vissuta quotidianamente da una fetta rilevante di popolazione statunitense e che rispecchia la natura delle violenze della polizia, determinata principalmente dal colore della pelle.
Il cortometraggio, oltre a voler essere un manifesto di denuncia sociale, rende partecipe lo spettatore dell’assurdità della situazione e della distanza che continua ad esistere tra due mondi che sembrano destinati a non avere punti di contatto.
Chiara Monselice