THE TRUFFLE HUNTERS: L’ESPERIENZA DEI TARTUFAI PIEMONTESI RACCONTATA NEL DOCU-FILM DI LUCA GUADAGNINO

Si intitola The Truffle Hunters il nuovo film documentario distribuito dalla Sony Pictures, e ambientato tra le campagne delle Langhe e le colline di Monferrato. Protagonisti indiscussi sono i tartufi bianchi di Alba, caratteristici del territorio piemontese. Cos’ha di speciale il documentario? È in corsa per la nomination agli Oscar 2021!

È risaputo che il Piemonte venga riconosciuto come la regione con una particolare vocazione per il tuber (termine generico che evidenzia la somiglianza delle forme del tartufo e del tubero). Il tartufo è uno dei principali prodotti d’eccellenza della cucina nostrana e rappresenta oggi un vero tesoro da preservare. Definito come “l’apoteosi dei prodotti del bosco”, si annovera tra gli ingredienti più costosi al mondo (si pensi che alcuni tartufi possono costare dai 3.000 ai 4.000 euro al chilo).

Esistono molti territori italiani in cui trovare questo fungo prelibato, ma è solo nella regione piemontese che è possibile raccogliere la tipologia più rara e pregiata: il tartufo bianco, anche chiamato il tartufo bianco di Alba. Langhe, Monferrato, Alessandria, Asti, Cuneo e Roero: è qui che – a particolari condizioni ambientali – il tartufo bianco viene raccolto tradizionalmente dalle mani sapienti dei tartufai del luogo e dai loro amici a quattro zampe. Sorgendo ai piedi di vegetazione selvatica, come pioppi, querce e noccioli, i cani sono fondamentali nella ricerca dei tartufi grazie al loro olfatto molto sviluppato.

Il lavoro dei tartufai, anche chiamati cavatorio trifulau, è diventato il soggetto del film The Truffle Hunters (letteralmente I cercatori di tartufi), che sta girando tra i festival del cinema più prestigiosi al mondo. Diretto e prodotto da Michael Dweck e Gregory Kershaw, il docufilm vede l’eccezionale partecipazione di Luca Guadagnino come produttore esecutivo. Debuttato il 30 gennaio 2020 al Sundance Film Festival, i diritti di distribuzione sono stati acquisiti dalla Sony Pictures Classics per 1,5 milioni di dollari e nel corso di quest’anno ha proseguito il suo successo grazie ad altre manifestazioni, come il Toronto International Film Festival e il New York Film Festival.

Tramandato di generazione in generazione, questo lavoro offre agli spettatori di tutto il mondo una valida prospettiva d’indagine circa il mercato dei tartufi: da una parte il sacrificio e la dedizione dei cercatori di tartufo, dall’altra gli speculatori mossi dalle sole possibilità di lucro. Il mercato del tartufo bianco, infatti, è uno dei più redditizi nel settore alimentare e, a fronte del calo dell’offerta, aumenta vertiginosamente la domanda di mercato. A peggiorare le cose, inoltre, vi è il cambiamento climatico che ha un impatto rilevante sull’intero ecosistema, incidendo sul tasso di deforestazione, sull’aumento delle temperature e sulla riduzione delle precipitazioni. Altro aspetto che mette a rischio la sopravvivenza di questa specie così importante è la triste mancanza di giovani generazioni pronte a raccogliere l’eredità dei padri e dei nonni.  

Il documentario segue le abitudini di quattro anziani del luogo che, con i loro fedeli amici, diventano l’emblema di uno stile di vita semplice ma prezioso. Le parole del regista Dweck sono emblematiche: ”Ora che il mondo intero desidera la comunità, noi mostriamo uno spirito di connessione attraverso la comunità dei cavatori, in modo davvero genuino”.

Da pochi giorni il film è stato inserito nella shortlist dei quindici documentari selezionati dalla giuria degli Academy Awards, nella categoria di Miglior Documentario. La cerimonia degli Oscar si terrà nel mese di aprile, in via del tutto eccezionale, a causa della pandemia.

Il film è un esempio perfetto di come il cinema sia uno strumento di promozione delle nostre bellezze territoriali nel mondo. Un microcosmo semplice, che viene preservato e custodito dagli anziani ad ogni costo, inserito all’interno di uno scenario di rara bellezza.

Alessia Sabrina Natalino