ZAFÓN E LA SUA BARCELLONA DECADENTE: LA SAGA DEL CIMITERO DEI LIBRI DIMENTICATI

Sul finire del 1945, in una Barcellona che mostra ancora le profonde ferite della guerra civile, il signor Sempere accompagna il figlio undicenne Daniel al Cimitero dei Libri Dimenticati, un labirinto nascosto dove i libri dimenticati vengono sottratti all’oblio. È così che comincia L’ombra del vento, il primo di quattro romanzi di una tetralogia firmata Carlos Ruiz Zafón.

Diventato grazie al passaparola un vero e proprio fenomeno editoriale che ha reso Zafón – scomparso a giugno di quest’anno – l’autore spagnolo più letto di tutti i tempi dopo Miguel de Cervantes, L’ombra del vento racconta la storia della vita di Daniel, della sua infanzia presso la libreria Sempere e dei suoi amori adolescenziali – dalla cieca Clara alla tormentata Beatriz – ma è anche molto di più. La tradizione del Cimitero dei Libri dimenticati vuole infatti che i visitatori scelgano un unico libro e che si impegnino a non abbandonarlo mai: Daniel sceglie il romanzo di uno scrittore sconosciuto, Julian Carax, senza sapere che l’ossessione per la sua nebulosa esistenza gli rimarrà cucita addosso per anni. Il mistero che avvolge Carax lo condurrà infatti in un passato che vomita sangue e verità scomode e che, riverberandosi nel suo stesso presente, lo costringerà a fare i conti con i segreti seppelliti negli antichi quartieri nobiliari della città. 

La tetralogia de Il Cimitero dei libri dimenticati si compone però di altri tre enigmatici titoli: Il gioco dell’angelo, Il prigioniero del cielo e Il labirinto degli spiriti. Benché siano tutti romanzi autoconclusivi e leggibili nell’ordine che si preferisce, sono molti i personaggi che ritornano, come in un eterno circolo, per svelarsi ogni volta sotto una luce nuova e per riannodare in un unico intreccio i sentieri lasciati in sospeso negli altri capitoli. Così Il gioco dell’angelo ci introduce a David Martín – scrittore in erba assistito dalla spumeggiante Isabella – e al suo lento sprofondare in un incubo troppo reale, vissuto ad occhi aperti nella tumultuosa Barcellona degli anni ’20, mentre ne Il prigioniero del cielo, ambientato vent’anni più tardi, lo ritroviamo misteriosamente nel carcere politico di Montjuic insieme al loquace e sarcasticamente colto Fermín Romero de Torres, spalla di Daniel nel primo capitolo della saga. È solo con Il labirinto degli spiriti, quarto e ultimo romanzo e vero thriller della serie, che la trama e i misteri s’infittiscono per poi sciogliersi nel colpo di scena finale, con il quale tutta la complessa architettura della tetralogia diviene finalmente chiara.

Il Cimitero dei libri dimenticati si situa dunque all’interno del complesso di saghe di “libri che parlano di libri”, un universo in cui la biblioteca stessa, il labirinto di pietra che ospita tutti quei libri che sono destinati a perdersi, è un ingranaggio fondamentale: è il perno che srotola tutte le storie, la presenza ineffabile che si contrae e palpita attorno alle vite di coloro che hanno camminato per i suoi tortuosi corridoi.

Ma se la serie ha avuto un successo (quasi) senza precedenti nell’orizzonte editoriale spagnolo è anche e soprattutto merito della scrittura di Zafón, che ha saputo tratteggiare in maniera verosimile – eppure meravigliosamente intima – una Barcellona cupa e decadente, piena di ombre e poche luci, una città in cui destino e pericoli si nascondono dietro l’angolo. L’impressione che si ha leggendo è quella sfogliare un album di foto in bianco e nero e di camminare nella nebbia che indugia sulle ramblas, di affacciarsi nelle soffocanti celle del castello di Montjuic, la prigione che domina dall’alto come un rapace. La guerra civile spagnola e la dittatura non vengono mai raccontate direttamente, infatti, ma l’ombra del caudillo è sempre e comunque presente e Zafón non nasconde nulla degli orrori del regime franchista, neppure gli aspetti più crudi.

Consiglio la tetralogia de Il Cimitero dei Libri Dimenticati a chi ama la mescolanza di diversi generi letterari (thriller, d’avventura, noir), a chi ha voglia di rimanere con il fiato sospeso sino all’ultima pagina e a chi cerca una serie di libri che, come dice Zafón, “non ha né principio né fine, soltanto porte d’ingresso”.

Paola Galbusera