E se la pioggia, così necessaria per il ciclo della vita, diventasse invece fonte di morte?
The Rain è il titolo di questa nuova serie tv firmata Netflix, la prima produzione originale danese rilasciata dal colosso dello streaming. Lanciata nel 2018, la serie si compone di tre stagioni, la cui la terza e ultima è stata distribuita il 6 agosto scorso ricevendo recensioni contrastanti.
Simone e suo fratello minore Rasmus sono due bambini quando, in un giorno qualunque, la loro vita cambia per sempre. Mentre notizie di morti in tutto il Paese diffondono il panico e minacciose nubi nere si addensano sopra il cielo di Copenhagen, il padre – scienziato della misteriosa società Apollon – li guida in una precipitosa fuga nei boschi, alla ricerca di un rifugio sicuro. Prima di lasciarli con la promessa di tornare, rivela alla figlia che la pioggia contiene un virus che uccide all’istante chiunque ne venga in contatto e che deve proteggere Rasmus ad ogni costo, perché “lui è la chiave”.
Sei anni più tardi, quando riemergono da un bunker svuotato da ogni provvista, i due fratelli scoprono che il mondo che conoscevano non esiste più: la civiltà è stata annientata, divorata dal virus che non ha risparmiato neppure la vegetazione, tra le macerie delle città si aggirano pochi derelitti ormai deumanizzati e ai confini del Paese è stato eretto un enorme muro per contenere il contagio. Intrappolati in una realtà in cui non vale più alcuna legge, decidono di unirsi ad altri sopravvissuti in un viaggio alla ricerca di risposte e del padre scomparso: tra amori, tradimenti e verità spaventose Simone e Rasmus arriveranno a dubitare di ogni loro incrollabile certezza e scopriranno che la salvezza ha un prezzo ben preciso.
The Rain attinge quindi a cult quali Io sono leggenda e 28 giorni dopo, con il preciso intento di configurarsi come una serie post-apocalittica tinta dalla plumbea atmosfera nordica, ma ci riesce solo in parte: la psicosi del contagio, la paura di camminare allo scoperto e la tensione tipiche del genere survival sfumano con il procedere delle stagioni, mentre la serie assume sempre di più i connotati del genere fantascientifico, con tutte le implicazioni che esso comporta (CGI inclusa).
Ciò che invece si percepisce con chiarezza è la forte vocazione ecologica di The Rain e la critica di stampo sociale: quel virus nero che infetta e uccide ogni cosa non è altro che una metafora dell’inquinamento che sta avvelenando la Terra e distruggendo gli ecosistemi. Entrambi sono conseguenze dirette dell’azione dell’uomo che s’impone con violenza sulla natura ed entrambi finiscono per ritorcersi, in un modo o nell’altro, contro il proprio creatore.
Infine, per chi ama i dettagli, i titoli degli episodi sono una vera chicca: ben lontani dall’essere dei meri moniti che riflettono il micro-plot di ogni puntata, esortazioni come “Evitate il contatto”, “Tenetevi stretti gli amici” e “Abbiate fede” tracciano piuttosto le coordinate di un viaggio, quello che Simone e Rasmus dovranno intraprendere per giungere alla fine della storia.