L’ULTIMO BALLO DEI TORI DI CHICAGO

1997: i Chicago Bulls di Michael Jordan affrontano quella che sarà l’ultima stagione per la migliore squadra NBA di tutti i tempi. Last dance è il nome che l’allenatore Phil Jackson decide di dare alla stagione ’97-’98, il capolinea per lui alla guida del team.

Per tutta la durata di questo anno, venne concessa ad una troupe televisiva della NBA Entertaiment la possibilità di seguire la squadra. Fu il periodo in cui vennero tirate le fila di uno dei roster più combattivi di sempre, formato grazie ad una costruzione minuziosa e spesso controversa da parte del general manager, Jerry Krause, e del proprietario della franchigia dell’Illinois, Jerry Reinsdorf. Da queste riprese nasce The Last Dance, la docu-serie sportiva ideata da Jason Hehir e co-prodotta dall’emittente statunitense ESPN, sulla quale è in onda dal 19 aprile, e da Netflix, che ha distribuito worldwide dal 20 aprile i 10 episodi che raccontano nello specifico gli anni tra il 1984 e il 1998.

Il cuore dei Bulls di questi anni è Michael Jordan. Leggenda mondiale del basket NBA, MJ in questi episodi racconta, insieme ai suoi compagni storici, la squadra che venne trasformata, o meglio salvata, dal suo arrivo. In un concitato lavoro di flashback vengono narrate, anche sul piano personale, le vicende clou e i turning point della storia dei Tori di Chicago. La serie si sviluppa soprattutto attorno ai racconti profondamente intrecciati delle vite del già citato Michael Jordan, di Scottie Pippen (ep. II), giocatore secondo solo a Jordan, di Dennis Rodman (ep. III), il cestista più controverso dell’NBA, e di Phil Jackson (ep. IV), ex giocatore e allenatore dei Bulls nel periodo ’89-’98.

A supporto delle registrazioni della troupe televisiva, viene utilizzato il format delle interviste esterne, alcune registrate ad hoc per la docu-serie, altre provenienti dagli archivi di giornali ed emittenti statunitensi. Gli interventi sono molti e, oltre i già menzionati, intervengono personalità come gli ex presidenti Barack Obama e Bill Clinton, il cestista recentemente scomparso Kobe Bryant (a lui è dedicato l’episodio V), che descrive il suo rapporto con Jordan come discepolo-maestro, e le stelle dell’NBA Magic Johnson e Larry Bird, con i quali Jordan formò il cosiddetto Dream Team del ’92 alle Olimpiadi di Barcellona, aggiudicando agli Stati Uniti la medaglia d’oro. Da alcune interviste emergono anche lati bui: i forti dissapori tra la dirigenza e i giocatori, il gioco d’azzardo e il lato competitivo pressante di Jordan nei confronti dei suoi compagni di squadra, evidenziato inoltre dal controverso libro Jordan Rules del giornalista Sam Smith.

Oltre alla tematica core del basket, nella serie viene discusso l’aspetto commerciale, di brand ambassador e di “prodotto” che le star NBA ricoprono (episodio V), come quello di Jordan con McDonald’s, con Cola-Cola e con Nike. Quest’ultimo celeberrimo marchio, infatti, deve anche alla linea Air Jordan la sua fama, grazie alla geniale fusione per la prima volta nella storia tra cultura sportiva e cultura urbana

Per quanto sia chiara la convergenza su Michael Jordan, The Last Dance rimanda ad una celebrazione del gioco di squadra. “Se ne attacchi uno, noi ci compattiamo”, come dice l’ex cestista John Paxson. Espandendo questo concetto, la serie fa perno sull’inclusione dello stesso spettatore nelle vicende, mostrando costantemente il supporto dei tifosi che ha permesso ai Bulls di consacrare il basket come parte del tessuto culturale statunitense.

Vista da almeno 23.8 milioni secondo Netflix, The Last Dance, in un momento difficile come quello che stiamo vivendo, ha utilizzato brillantemente il driver della nostalgia per coinvolgere non solo la generazione dei tifosi storici degli anni ’90, ma anche quella grande fascia di fan cresciuta nel mito di Jordan e dei Bulls che non sono mai stati eguagliati da nessun’altra squadra NBA, sia a livello sportivo, detenendo il record di 2 three-peat, sia per la fama e per le emozioni che la franchigia di Chicago riesce tutt’ora a trasmettere ad appassionati e non.

“What time is it?” “Game time!”

The last game time.

Silvia Resteghini