DEVS: QUALE È IL POTERE DELLE NOSTRE SCELTE?

Vi siete mai chiesti quale sia il potere delle nostre scelte? Ovvero, credete che ogni scelta che prendete sia predestinata, e che quindi la vostra vita scorra su dei binari predefiniti, oppure credete di avere una tale libertà di scelta che si possa pensare, almeno a livello teorico, che esistano degli universi paralleli in cui avete agito diversamente? Quello che è certo in questo discorso intricato è che Alex Garland (Ex Machina, Annientamento) qualche domanda se l’è fatta ed ha creato Devs.

Lo stato della California, negli Stati Uniti, ospita le sedi varie imprese tecnologiche all’avanguardia. A San Francisco, o meglio tra i boschi dietro la grande città, è possibile scorgere un enorme statua di una bambina che guarda verso il basso: qui si trova la sede dell’Amaya, potentissima multinazionale hi-tech. Noi seguiamo le vicende di Lily Chan (Sonoya Mizuno), un ingegnere informatico che lavora in quell’azienda assieme al suo fidanzato Sergei (Karl Glusman), che sta per presentare un misterioso progetto proprio al CEO dell’azienda, Forest (Nick Offerman). Il lavoro di Sergei ha talmente impressionato la dirigenza che è stato promosso nella misteriosa sezione Devs, diminutivo di developers. Tuttavia, iniziano a sorgere i sospetti che lui sia una spia, in cerca di segreti industriali per conto di un ente sconosciuto. Il giorno dopo verrà trovato arso vivo e Lily inizierà un viaggio alla ricerca della verità.

Devo avvertirvi, questa miniserie non ha che fare principalmente con lo spionaggio industriale, è solo un punto d’acceso della narrazione, un MacGuffin. Le ambizioni dello sceneggiatore/regista Alex Garland, che ha scritto e diretto Ex Machina (2015) e Annientamento (2018), sono ben altre: vuole portare in scena il dibattito scientifico tra la teoria di De Broglie–Bohm e quella di Everett. Il focus della miniserie è quindi quello di esplorare un progetto top secret sviluppato dalla Amaya in Devs, che cerca di adattare queste teorie quantistiche alla vita di tutti i giorni. Se ci pensate bene le multinazionali come la Amaya, che potrebbe tranquillamente essere equiparata a Facebook, Apple o Google, hanno molte informazioni su di noi. Forest vuole andare oltre, e vede nella teoria deterministica di De Broglie–Bohm la chiave di lettura dell’esistenza, ovvero crede che nella vita noi non scegliamo mai veramente perché esiste un grande piano in cui tutto è già stato scritto. Si dovrà scontrare con chi invece crede nell’interpretazione di Everett, che enuncia come noi abbiamo una possibilità di scelta tale che possono esistere universi paralleli in cui le cose sono andate diversamente. Tutti gli otto episodi sono articolati su questo dibattito, in un intrigo in cui una multinazionale porta vanti strategie produttive sempre più invasive sui propri consumatori.

Come avrete già probabilmente intuito da questo breve sunto, i contenuti di questo peculiare prodotto televisivo non sono di facile fruizione. È una fantascienza d’autore che mette al centro questioni di tipo etico e filosofico, portando l’intrattenimento in senso stretto in secondo piano. Ritengo che sia stata realizzata molto bene, Alex Garland alla regia riesce a restituire un senso di inquietudine grottesca molto particolare, che strizza l’occhio sia a Lynch che a 2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick (1968). Allo stesso modo il cast è molto convincente specialmente la protagonista Sonoya Mizuno, che porta in scena una donna che all’apparenza può sembrare introversa e fragile ma che in realtà nasconde molto più di quanto si pensi, così come Nick Offerman nell’ambiguo CEO dell’Amaya, misterioso e sfuggente, e che consente all’attore di allontanare il ricordo del suo personaggio più celebre, Ron Swanson di Parks and Recreation.

In conclusione, Devs è una serie molto interessante anche se può essere piuttosto insidiosa per uno spettatore non avvezzo ad una scrittura molto complessa e ad un ritmo lento. È un prodotto di nicchia che offre vari spunti di riflessione e che è stata realizzata con molta cura. Inoltre s’inserisce nell’immaginario tecnologico odierno riprendendo alcuni temi già trattati in opere precedenti come Black Mirror, Westworld o Person of Interest, quali ad esempio la manipolazione della realtà attraverso la tecnologia e l’alienazione degli individui di fronte ad entità, macchine, con capacità intellettive al di fuori della loro portata, e che nell’episodio finale riescono, a mio giudizio, a fornire un nuovo sguardo originale e nuovi quesiti a cui lo spettatore è chiamato ad interrogarsi.

Fabio Facciano