OCEANO MARE: DOVE LA REALTÀ SCOMPARE

Sette storie e sette vite, una nave naufragata, un luogo che non esiste. E il mare.

Oceano Mare è la seconda opera narrativa di Alessandro Baricco, pubblicata nel 1993 dall’editore Rizzoli, e ed è uno dei suoi romanzi più noti. Non è facile raccontare in poche parole cosa racchiuda questo libro intensamente metaforico e ricco di significati esistenziali, perché la trama è nebulosa e sognante, un continuo e fitto gioco di specchi fra le vite di quei personaggi che, un po’ per caso e un po’ per destino, finiscono per incrociare le proprie strade.

Il libro è diviso in tre parti. La prima, Locanda Almayer, strizza subito l’occhio a La follia di Almayer, primo romanzo del celebre scrittore inglese Joseph Conrad, e delinea con poche sapienti pennellate le vicende dei personaggi, tutti eccentrici e al limite del surreale, ma non per questo meno “veri”. Uno scienziato che s’intestardisce a cercare di capire dove finisce il mare, una ragazzina che rischia di essere uccisa dalla sua stessa sensibilità, un uomo che brama vendetta da anni e un pittore che dipinge le proprie tele con acqua marina, lasciandole immancabilmente bianche – queste sono solo alcune delle storie che impregnano le pagine. Tutti loro si ritrovano alla “Locanda Almayer”, sospesa sulla riva del mare, un non-luogo in cui ognuno è alla ricerca di qualcosa: una prova inconfutabile, la lontananza da un amante, perfino la propria salvezza. La seconda parte, Il ventre del mare, racconta del naufragio dell’Alliance, una fregata francese, della zattera su cui trova rifugio una parte dei passeggeri e della lotta per la sopravvivenza che si scatena tra quelli che sono ormai dei derelitti. Infine, è con I canti del ritorno che vengono tirate le fila dell’intero romanzo e che tutti i personaggi tornano – ognuno a proprio modo – alla propria vita: la Locanda Almayer infatti non è una destinazione, bensì la tappa di un viaggio, quello alla riscoperta di sé stessi. Come in bilico tra sogno e realtà, l’edificio si dissolve nell’aria quando anche l’ultimo ospite lascia la propria stanza, in quanto la locanda nasce e muore con le storie di coloro che vi abitano.

Lo stile di Baricco, specialmente in questo libro, non è per tutti: è uno di quelli che o si ama o si odia, senza vie di mezzo. A volte contorto e difficile da seguire tra lunghi flussi di coscienza e fulminei cambi di rotta, sempre ricco di metafore e sinestesie tanto improbabili quanto ammalianti, gli ha attirato ben più di una critica e diverse accuse di essere la pomposa ostentazione di un mero esercizio di stile. Tuttavia, a mio parere, è proprio lo stile che si nutre di emozioni e sensazioni a rendere tanto speciale questo libro, il cui vero protagonista, alla fine, si rivela essere il mare, quel mare dalle infinite sfumature che è insieme luogo di paura e fonte di quiete, in cui ogni personaggio cerca disperatamente se stesso – il mare che, come dice lo stesso Baricco, “raccoglie e disperde vite”.

Paola Galbusera