È sabato pomeriggio, fuori piove e dentro la fiera fa decisamente troppo caldo. Passeggio tra gli stand delle varie case editrici per circa due ore con la borsa pesante e i piedi che, dopo un po’, cominciano a fare male. Alle 21 però inizia l’incontro con Roberto Vecchioni e voglio arrivarci preparata, pronta ad ascoltare quello che avrà da dire il “professore”.
Decido che un panino mi aiuterà ad arrivare a tarda serata, ma ho come l’impressione di avere fatto la scelta sbagliata: mentre finisco la mia cena – costituita appunto da un panino al prosciutto – appena fuori dalla sala in cui si terrà l’incontro arriva proprio lui, Roberto Vecchioni, che, apparentemente infastidito dal mio comportamento, mi intima di smettere di mangiare, che non è quella l’ora per mangiare.
Forse il panino è una pietanza eccessivamente borghese, o forse il signor Vecchioni è abituato a mangiare più tardi (o prima), fatto sta che questo incontro ravvicinato mi ha infastidita, anche se, devo ammetterlo, mi indispone chiunque mi dica di smettere di mangiare.
Inizia l’incontro, le luci si spengono e Giangiacomo Schiavi inizia a fare domande: ed è qui che emerge il vero Vecchioni, quel professore amante dei classici che ha sempre qualcosa da insegnare, non senza un pizzico di bonaria superbia. Si avvia un dialogo che spazia tra Omero e Apollinaire, tra Seneca e Montale, intermezzato dal suono della chitarra e dalla voce di Vecchioni, che quando canta Luci a San Siro si emoziona ancora.
Un dialogo che parla di Milano, dei giovani e del futuro, che tocca temi che oscillano tra la curiosità e l’ironia, tra la disillusione e l’incertezza, un dialogo in cui tutte le muse esiodee si intrecciano in una danza fino a formare un unico corpo che si muove a ritmo per raccontare un libro, quello scritto proprio da Vecchioni, che è un’ode alla vita, una dedica alle persone che ci amano. Un dialogo per ricordarci che la debolezza viene dal non avere cultura e che, come diceva Guillaume Apollinaire, “bisogna vivere la felicità e non capirla”.
Clarissa Mazzocchi