L’ORA PIÙ BUIA. La recensione

«Sangue, fatica, lacrime e sudore». Questo è tutto quello che Winston Churchill dichiara di poter offrire a una nazione che a poco più di un anno dall’inizio della Seconda Guerra Mondiale è già in ginocchio e chiede a gran voce le dimissioni del suo predecessore Neville Chamberlain.

Con la sua voce roca e borbottante, il viso paffuto e l’immancabile sigaro in bocca, il Primo Ministro inglese, interpretato da un magistrale e irriconoscibile Gary Oldman (non a caso super favorito agli Oscar di quest’anno), è il protagonista de L’ora più buia, ultima pellicola di Joe Wright uscita nelle sale italiane proprio durante la Settimana della Memoria.

Nel cast anche Kristin Scott Thomas, impeccabile nei panni di Clementine Churchill, moglie, amica e confidente di un uomo che ha sposato con la consapevolezza che la sua carriera politica sarebbe sempre stata al primo posto.

Il film ripercorre i primi giorni di mandato di Churchill, che si susseguono inesorabili tra dubbi e perplessità. Siamo nel maggio del 1940 e le truppe inglesi sono bloccate tra Calais e Dunkirk. Le possibilità di poter uscire vincitori dalla guerra sono irrisorie e il Primo Ministro deve prendere in considerazione l’eventualità, caldamente consigliata dallo stesso Chamberlain e dal visconte Halifax, di scendere letteralmente a patti con il Diavolo, stipulando un accordo con la Germania nazista “dell’imbianchino” (così Churchill definisce ironicamente Adolf Hitler).
Wright riesce a ricostruire un delicato momento storico e un personaggio carismatico quanto complesso creando un’atmosfera asfissiante, metaforicamente rappresentata dal fumo del sigaro che il protagonista fuma incessantemente. La macchina da presa indugia proprio sul suo volto per sottolineare le emozioni da cui è attraversato, mai troppo enfatizzate ma percettibili quanto basta per comprendere il conflitto interiore che lo logora: lasciare la Gran Bretagna in pasto ai nazisti patteggiando con loro o resistere al fuoco nemico in nome della libertà?
Perché Churchill è un uomo che sa piangere, ridere e scherzare (esilarante è l’inconveniente del controverso gesto della “V” di vittoria), ma la sua vera forza risiede soprattutto nell’utilizzo della parola. É parlando schiettamente e soprattutto ascoltando le parole della gente che riuscirà a prendere una decisione che cambierà per sempre le sorti dell’Europa e grazie alla quale verrà ricordato e onorato.

Forse ciò che il film vuole raccontare è proprio questo: quanto sia fondamentale, al di là di qualsiasi situazione o epoca storica, fare affidamento su se stessi e, se necessario, anche scontrarsi con l’opinione della maggioranza. Le ore buie sono quelle che prima o poi tutti noi attraversiamo, quelle che ci mettono di fronte alle nostre debolezze, che ci portano a difendere la nostra posizione anche se abbandonarla appare la scelta più comoda. Ma è solo se si ascolta con coraggio il proprio istinto che si esce vincitori da qualsiasi conflitto, poiché «senza vittoria non può esserci sopravvivenza».

Alessandra Gennaro