Oggi la comunicazione interpersonale è spesso mediata da strumenti e da social network, che diventano dei veri e propri ambienti preferenziali rispetto alle relazioni face to face e al contatto fisico, moltiplicando, dunque, gli spazi espressivi in cui costruire la propria identità e i propri legami: che ruolo assumono le parole in un contesto così liquido e frammentato?
La questione è sorta a seguito della diffusione del fenomeno dello hate speech, sempre più presente in rete e sempre più allarmante a causa dei tragici risvolti nella realtà quotidiana. La cronaca nera presenta una costellazione di esempi al riguardo: da Carolina Picchio a Tiziana Cantone, dal Ministro Boldrini al caso più recente della campionessa paralimpica Bebe Vio. Quest’ultima, dopo essere stata vittima di pesanti insulti online, ha lanciato la campagna “Aiuta un hater. Dona un neurone”, insieme ad Alessandro Cattelan, proponendo un video in cui i due ironizzano sulla “limitatezza intellettiva” di tutti gli individui che diffondono senza motivi messaggi oltraggiosi sui social.
Nello spazio virtuale, sia i più giovani sia gli adulti perdono cognizione della ineludibile connessione dei loro comportamenti con la dimensione reale, sentendosi liberi di dar sfogo a insulti e commenti denigranti, sessisti e razzisti. Inoltre, sul web si assiste a un continuo proliferare di fake news, ovvero di notizie non veritiere, e di interventi come il trolling, attraverso cui alcuni utenti, spesso anonimi, svolgono il ruolo di disturbatori delle conversazioni o di “seminatori di discordia”.
Per questi motivi, nasce il progetto Parole O_Stili, la prima community contro la diffusione dell’odio in rete, a cui hanno aderito docenti, giornalisti, politici per sensibilizzare sulla superficialità con cui oggi si utilizzano le parole e per combattere il cyber bullismo. Il detto “verba volant” sembra perdere di veridicità: le parole non svaniscono, anzi troppo spesso si trasformano in vere e proprie armi. Le parole possono aggrapparsi al cuore fino a soffocarlo, annichilendo identità e vite.
Per la prima volta coloro che hanno aderito al progetto si sono riuniti in un evento che ha avuto luogo a Trieste il 17 e il 18 Febbraio 2017, coinvolgendo numerose personalità di spicco. In queste due giornate, oltre alla sessione plenaria di tutti i partecipanti, sono stati organizzati nove panel, volti a toccare le diverse tematiche connesse al ruolo delle parole nella rete virtuale. L’obiettivo principale è stato la presentazione del “Manifesto della comunicazione non ostile”, ovvero una lista di dieci regole fondamentali per stimolare un corretto impiego delle parole su Internet e nella vita reale, in modo che esse siano utilizzate per creare ambienti relazionali armonici, non per dar vita a comportamenti anti-sociali e pregni di cattiveria. Ciascuno di noi può mostrare la propria adesione alla causa, firmando online il manifesto, come hanno già fatto moltissime persone, il cui nome appare nella pagina dedicata del sito.

Manifesto della comunicazione non ostile
L’iniziativa di Parole O_Stili è stata condivisa anche da numerose organizzazioni, in qualità di sponsor, partner e sostenitori, tra cui per esempio Illy, Coca Cola HBC Italia, Ikea, Fastweb. L’unica partnership scientifica è stata stretta con l’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo, ente fondatore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore; le ricerche dell’Osservatorio Giovani hanno sostenuto il progetto fornendo dati e analisi, che sono stati sistematizzati nel Rapporto Giovani (la più ampia indagine sul territorio nazionale che considera 9000 intervistati, tra i 18 e i 32 anni) e, più specificamente, nell’approfondimento “Diffusione, uso, insidie dei social network”. In particolare, l’Istituto Toniolo ha presentato a Parole O_Stili un’indagine, di tipo quantitativo, condotta a Gennaio 2017 su un campione di 2182 giovani italiani di età tra i 20 e i 34 anni, dalla quale è emerso che quasi la totalità degli intervistati usa la rete e la maggioranza è presente sui social network. In sintesi, riportiamo alcuni dati:
- Il 71,8% degli intervistati ritiene che i troll e comportamenti aggressivi rendano i social un ambiente altamente inaffidabile;
- Il 44,4% considera lo hate speech molto grave;
- Il 45,0 % considera lo hate speech abbastanza grave;
- Il 10,6 % considera lo hate speech poco o per nulla grave, dato considerato abbastanza allarmante;
- Il 28,5 % ammette di aver condiviso un’informazione che, in seguito, ha scoperto rivelarsi falsa.
Tra i tanti firmatari e sostenitori, è presente la Professoressa Silvia Brena, scrittrice, giornalista e docente dell’Università Cattolica, che è anche co-fondatrice del progetto Vox Diritti. Osservatorio italiano sui diritti, il cui obiettivo è l’informazione, la tutela e la promozione dei diritti umani nei più svariati campi. Dalla ricerca di Vox Diritti, condotta tramite l’analisi di 2 milioni e 700 mila tweet, è nata la seconda edizione della Mappa dell’Intolleranza, dove vengono evidenziate le zone in cui è maggiormente concentrato il “lessico dell’odio”: anche in questo caso, i dati rivelano una situazione sconcertante, dovuta al proliferare incontrollato di parole offensive e infamanti.
La libertà di espressione non è anarchia; occorre educare al rispetto altrui e occorre riflettere sull’importanza delle sfere sentimentali di ciascun individuo sia nei rapporti offline, sia nei rapporti online poiché l’umanità permane anche nella virtualità delle relazioni. Proporre e diffondere iniziative per combattere l’odio nella rete aiuta sicuramente a sviluppare coscienza e consapevolezza circa la gravità del fenomeno che, oltre a rasentare la disumanità, risulta punibile per legge.